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2 marzo 2014 7 02 /03 /marzo /2014 15:57

Se Renzi dimentica l’economia criminale                                  DI ROBERTO SAVIANO La Repubblica

Personalmente avrei voluto che nel suo discorso inaugurale Matteo Renzi avesse concesso più spazio non al generico tema delle mafie, ma ai capitali criminali, a quell’enorme flusso di danaro che a oggi continua a essere l’economia principale italiana. Quello che mi piacerebbe accadesse è che questo possa smettere di essere un tema morale, etico, legato unicamente alla legalità in senso astratto. Mi farebbe piacere sapere che il tema del contrasto alla criminalità organizzata diventasse una questione fondamentale, una questione economica. Non si può in poco tempo affrontare tutto. Ma spero ci sia un momento in cui per questo governo il tema dei capitali criminali sia non “una” delle tematiche, ma “la” tematica da affrontare. La principale, la più vitale. L’urgenza è imperativa. Com’è imperativo capire che i 170 miliardi fatturati ogni anno dalle organizzazioni criminali sono il vero tesoro che dobbiamo riprenderci. Un tesoro che secondo la Guardia di Finanza ha superato il 10% del Pil. Le migliaia di negozi che possiedono, le centinaia di centri commerciali, la presenza nelle banche, il monopolio dei subappalti, la capacità di vincere ogni concorrenza. La lotta alla mafia va affrontata con le decisioni politiche. Non si può delegare a giudici, polizie o personaggi-simbolo. Non si tratta di ostentare un pedigree anti-mafioso partecipando a iniziative, finanziando associazioni. Qui si tratta di ridare centralità al contrasto all’economia criminale, non di aprire nuove carceri o stringere ai polsi più manette. Commissioni antimafia e procure ci sono. Lavorano spesso a diversa intensità, ma ci sono. A mancare è una volontà nuova, una visione che vada oltre la repressione. Una rivoluzione liberale che sappia partire dal contrasto ai capitali criminali. E nel semestre europeo a noi toccherà soprattutto questo: mostrare il nostro sangue e dolore al resto d’Europa — non nasconderlo — per dimostrare che in Europa mancano leggi antimafia, mancano controlli sul riciclaggio. I capitali dei narcotrafficanti, dell’evasione, sono sempre meno nei paradisi offshore e sempre più nelle banche europee. L’Italia ha la tradizione antimafia più importante al mondo. Il report della subcommissione permanente del Senato statunitense ha accusato Credit Suisse di aver agevolato l’evasione delle tasse di oltre 10 mila cittadini americani, e ha calcolato che il valore dell’evasione scoperta è di circa 13,5 miliardi di dollari. L’evasione italiana che canali ha avuto, se non i medesimi di quella americana? I flussi di riciclaggio delle organizzazioni criminali che paesi europei usano? Lo stesso metodo usato dal senatore Levin in Usa dovrebbe immediatamente essere usato dal nostro governo. Aprire inchieste politiche che mostrino i canali di evasione e riciclaggio, che mostrino la collaborazione delle banche italiane. L’ombra del riciclaggio e della collaborazione con i cartelli criminali investe troppi istituti di credito italiani. C’è tutto questo dietro i morti innocenti che continuano a cadere in Italia. Ad Arzano, l’altro ieri, altri due morti. Ciro Casone di 57 anni e Vincenzo Ferrante di 30 anni. A quanto emerge dalle prime indagini Vincenzo non c’entrava nulla, non era un camorrista, l’obiettivo era Casone. Uccisi in un centro abbronzante di proprietà della nipote di Casone che aveva appena finito di farsi una lampada mentre Vincenzo (come sembra da alcune ricostruzioni) si stava “facendo le sopracciglia”. È proprio così, i centri abbronzanti sono diventati spesso il luogo sostitutivo del barbiere, del circolo sportivo. Luoghi della vita quotidiana dove prima o poi passi, e dove i killer ti vengono a cercare. Fu per questo che quando scrivemmo la sceneggiatura di Gomorra pensammo di iniziare proprio da un centro abbronzante, la prima strage avviene lì. Fisicamente per noi significava sostituire l’immaginario tipico della piazza o del bar con una dimensione più reale. E ora la realtà conferma quell’intuizione drammatica. Quando mi presento ai tribunali durante i processi spesso dalle gabbie i camorristi mi insultano, mi dileggiano: mimano di strapparsi un ciuffo tra le loro sopracciglia proprio sopra il naso. E mi dicono “Savià e’ fattell sti sopracciglia”, perché per molti di loro è inconcepibile avere sopracciglia folte e troppo unite. Loro che le hanno ad ali di gabbiano, loro che tengono all’estetica più di quanto si possa immaginare. L’estetica in questi territori è un’ossessione. Ovunque, dal Sudamerica al Marocco, ma in questi territori assume una caratteristica ostentata e vitale come in Messico, in Colombia e in Brasile. Non dimenticherò mai le mani curate dei boss che vedo duranti i processi, passano le ore a limarsi unghie (anzi a farsele limare) con gli smalti rinforzanti e trasparenti, i peli delle mani accorciati, le pellicine inesistenti, i polpastrelli morbidi. Ossessionati dalla depilazione, che cercano di fare anche in carcere. Riporto questi dettagli per mostrare che non è un mondo a parte da suburra, i volti dei camorristi sono volti comuni, non hanno lombrosianamente sembianze mostruose che consolano il lettore, che può dirsi distante da tutto quanto ho appena descritto. Quando appaiono truci è spesso perché fotografati dopo insonni nottate di latitanza dopo interrogatori fiume in smorfie prese alla cattura. In ogni processo, più guardo camorristi, più vedo i visi perfetti cui ci hanno abituato i corteggiati e i corteggiatori di uomini e donne. Vestono in ugual modo, hanno la stessa carnagione abbronzata, si depilano allo stesso modo. Non è quindi un mondo a parte: è il nostro mondo, ci siamo in mezzo, ci appartengono e noi apparteniamo a loro. Vincenzo Ferrante non ha precedenti di camorra, ancora non è chiaro se sia stato ucciso perché testimone o per altri motivi. A oggi è innocente. Un’altra persona innocente uccisa per decisione dei clan e che viene indicata come “errore”. Sono morti collaterali, uccisi non per errore, uccisi perché parte di una guerra. Questi sono morti che la camorra mette in conto smentendo l’adagio solito “tanto si ammazzano tra di loro”. Idiozia omertosa. Si ammazzano tra di noi, si ammazzano con noi. E ora verranno a dirci di nuovo che stiamo diffamando l’Italia? Che stiamo esagerando? Che queste cose si sanno, che le scrivono e le dicono tutti? Ma come ne scrivono e come le dicono? La cronaca quotidiana locale dei morti e del potere camorrista anestetizza, stempera, spettacolarizza. Nei morti di questi giorni c’è molto di più che solo sangue e catrame. Ditemi in quale paese europeo si muore così, innocenti uccisi dai proiettili di una guerra criminale perenne. Potrei fare una lista lunghissima, ma mi limito a partire dalla cronaca di ieri. Solo ieri è stato condannato in appello come mandante dell’omicidio di Attilio Romanò, Marco Di Lauro (ancora latitante). Romanò fu ucciso 24 gennaio 2005 ucciso solo perché lavorava in un negozio di telefonia a Napoli. Potrei citare Dario Scherillo ucciso il 6 dicembre 2004, solo perché si trovava nel posto sbagliato, come Annalisa Durante uccisa il 27 marzo 2004. E poi gli ultimi: Andrea Nollino, ucciso fuori dal suo bar il 26 giugno 2012 e Lino Romano ucciso il 15 ottobre 2012. Potrei farne ancora molti, moltissimi di nomi innocenti, uccisi dai clan. Bisogna intervenire subito. Immediatamente. Perché è già tardi. È già tardissimo.

Matteo Renzi a Roberto Saviano: "I miei cinque punti per fermare Mafia Spa"                                                                                              Il premier risponde all'appello dello scrittore su "Repubblica": così aggredirò i patrimoni criminali, porterò l'emergenza al semestre Ue di MATTEO RENZI        

Caro Roberto, venerdì mattina, mentre leggevo nelle pagine di Repubblica il tuo articolo appassionato, ho pensato subito alle ragazze e ai ragazzi  che ho conosciuto nel mio viaggio della terra dei fuochi. o nei campi sottratti alla criminalità che ho visitato da amministratore, da Canicattì a Corleone, e -insieme a loro- alle tante persone per be che hanno scelto, " nelle terre di mafia " di fare comunque la propria parte. Questo meraviglioso esercito di piccoli grandi eroi civili, che abbiamo imparato a conoscere anche grazie ai tuoi racconti, lavora nelle associazioni e nei movimenti contro le mafie; sono gli imprenditori e i negozianti che hanno denunciato le estorsioni rinunciando per sempre a una vita normale; gli scrittori; i giornalisti-giornalisti, per citare la nota scena di    FORTAPASC, la bellissima pellicola che racconta della storia di Giancarlo Siani; gli studenti che coltivano le terre confiscate ai mafiosi, ai familiari delle vittime innocenti: le forze di polizia che combattono quotidianamente una battaglia di tutto il paese.

Ognuno di loro sa perfettamente che non basterà il proprio impegno per vincere la battaglia contro le mafie, eppure ci provano lo stesso. Lo fanno per non rassegnarsi, proprio come fanno associazioni come Libera, a chi dice che tanto mai nulla potrà cambiare. So che tu, insieme a tutte queste persone, vi aspettate che la lotta alla criminalità organizzata diventi per davvero la priorità del governo e delle Istituzioni. Questo impegno io lo assumo.     

Tutti coloro che hanno indagato sulle mafie, che le hanno osservate, studiate e raccontate al mondo, tutti i magistrati, i giornalisti e quei politici, che hanno anche perso la vita per combatterle, ci hanno spiegato che il cuore delle organizzazioni criminali è negli affari che conducono, nelle ricchezze che accumulano e ostentano e anche in quel confine sottile, sottilissimo, che esiste tra lecito e illecito con l'appoggio, con il consenso, con la collusione e qualche volta semplicemente con il silenzio di chi riveste ruoli di responsabilità nella politica, nelle amministrazioni e nell'economia. Sono questi i legami che dobbiamo smascherare e recidere. Faremo un lavoro serio e puntiglioso, insieme alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia, non solo per capire che cosa sia avvenuto in questi anni nel contesto della crisi economica che ha investito il Paese ma soprattutto per adottare le misure necessarie sul piano legislativo e amministrativo. Con una proposta organica sulla base del lavoro fatto dalla commissione presieduta da Garofoli istituita a Palazzo Chigi, con Cantone e Gratteri, per elaborare strumenti e contributi per rendere più incisiva la lotta alla criminalità organizzata. Quello che va aggredito, hai ragione, è la "Mafia SpA", presente in ogni comparto economico e finanziario del Paese, al Sud come al Centro-Nord, quell'economia criminale che colpisce imprese e società al collasso, come conferma l'analisi della Direzione Nazionale Antimafia. E questo fenomeno è favorito anche dalla consapevolezza, da parte degli appartenenti alle organizzazioni criminali, di non rischiare molto sul piano penale, anche perché nel nostro codice penale manca il reato di autoriciclaggio. Il paradosso di un estorsore o uno spacciatore di droga che non viene punito se da solo ricicla o reimpiega il provento dei suoi delitti sarà superato con assoluta urgenza attraverso l'introduzione del delitto di auto riciclaggio. In questo senso, aggredire i patrimoni mafiosi può essere una delle grandi risposte che il governo è in grado di dare, dal punto di vista economico, per fronteggiare la crisi. Una giustizia più veloce, più efficace da questo punto di vista, è uno degli strumenti che possiamo mettere in campo come Paese per uscire dalla situazione economica in cui ci troviamo.

Così come occorre ripensare lo strumento della certificazione antimafia, che troppo spesso e con troppa facilità si riesce ad aggirare; è necessario, in questo senso, introdurre sistemi di controllo che consentano di individuare la provenienza dei capitali illeciti, anche per debellare il fenomeno dei "prestanome", ma sburocratizzando il più possibile quest'attività per evitare che diventi un inutile aggravio per gli imprenditori onesti. E' urgente porre il tema della riforma dell'Agenzia Nazionale Beni Confiscati che oggi è senza capacità di agire con immediatezza ed efficacia: una specie di "carrozzino" pubblico senza mordente, senza strumenti efficaci. Solo nell'ultimo anno i sequestri ammontano a oltre 4 miliardi e le confische a 1 miliardo e mezzo. Bisogna restituire ai cittadini quanto i clan hanno loro sottratto, impiegando quelle risorse, con una logica che deve essere quella di una moderna politica dell'antimafia, e cioè per produrre occupazione e sviluppo. E, per far questo è necessario anche assicurare alle aziende confiscate agevolazioni fiscali e creditizie; un'impresa sottratta alle mafie che fallisce è una sconfitta che lo Stato non dovrà più permettersi.

Le mafie s'infiltrano negli enti locali e ne condizionano l'andamento, a danno dei cittadini, al Sud come al Nord, solitamente lasciando paurosi dissesti. Per questo nei prossimi mesi interverremo anche sul tema dello scioglimento dei consigli comunali: la modifica del 2009 ha affrontato solo alcuni degli aspetti problematici della disciplina: bisognerebbe, invece, agire su più fronti ancora. In particolare, è necessaria l'individuazione e la scelta dei commissari fra soggetti anche esperti di management e di gestione aziendale, prevedendo che questi debbano svolgere il loro incarico a tempo pieno e che possano operare anche in deroga alle regole del patto di stabilità per rilanciare l'attività di governo degli enti sciolti e soprattutto bonificare, dove necessario, le strutture burocratiche inquinate; andrà prevista la possibilità di sciogliere le società private ad integrale partecipazione degli enti locali o quelle miste e un obbligo protratto per un certo periodo di utilizzare la stazione unica appaltante dopo l'uscita dal commissariamento. Anche per le regioni andrà studiata una normativa che eviti i rischi di infiltrazione mafiosa, ovviamente nel rispetto delle loro prerogative di autonomia riconosciute dalla Costituzione. Un'altra emergenza, strettamente connessa a quelle delle mafie, pure da affrontare - come ci ha di recente ricordato l'Unione europea -   è la corruzione il cui costo ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno, pari al 4% del Pil italiano, circa metà dei danni provocati in tutta Europa. Una cifra enorme. Per questo è fondamentale dare piena attuazione alle legge 190 del 2012 e a tutte quelle norme in tema di prevenzione e trasparenza in essa previste; su questo fronte di impegno a nominare immediatamente, a partire già dai prossimi giorni, il Commissario anticorruzione, come previsto dalla stessa legge.

In una logica di contrasto intelligente alle illegalità, dovremo anche saper guardare alle vittime per organizzare l'intervento dello Stato a loro sostegno: familiari di vittime innocenti, testimoni. Mai più la sensazione di essere stati lasciati soli dallo Stato dopo aver denunciato! In questa stessa prospettiva dobbiamo assicurare, col massimo rigore, protezione a chi offre un contributo di giustizia per offrire all'autorità inquirente i migliori strumenti legislativi per sfruttare questo contributo. Così come dovremmo assicurare vicinanza, sostegno, a chi come te, ha fatto della parola uno strumento di libertà e di cambiamento: penso ai tanti giornalisti minacciati, spesso precari, troppo spesso lasciati completamente soli. In definitiva, dovrà essere chiaro che per il nostro Paese le mafie sono violenza, sopraffazione e povertà. Un punto solidissimo, chiaro, come quello che questa battaglia si combatte a partire dalla scuola, dal lavoro fatto dai nostri insegnanti negli istituti come antidoto alla criminalità organizzata, a una cultura, anzi ad una incultura delle mafie. Porterò questi temi anche sui tavoli del semestre europeo che si apre tra qualche mese, perché la mafia non è più solo un problema italiano. C'è tanto lavoro da fare. Un lavoro fondamentale, hai ragione Roberto. E io lo farò facendo mio il grido rivoluzionario di un parroco di provincia anche a te molto caro, Don Peppe Diana:"per amore del mio popolo, non tacerò". Accorciare le distanze tra quel che di buono è stato fatto e il tanto che ci resta ancora da fare sarà il modo migliore per ricordare con don Peppe, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tutte le vittime innocenti delle mafie, ma anche quelle ragazze e quei ragazzi che non hanno scelto dove nascere, ma che hanno scelto di restare, di cambiare la loro terra e di renderla migliore

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