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5 novembre 2016 6 05 /11 /novembre /2016 20:54

 

Migranti, Papa Francesco: "Si salvano le banche non gli uomini. Vergogna, è la bancarotta dell'umanità"

Il Pontefice all'incontro con i movimenti popolari internazionali in Vaticano. "Se fallisce una banca appaiono somme scandalose per salvarla mentre il Mediterraneo è diventato un cimitero"

Papa Francesco con i rappresentanti dei movimenti popolari internazionali (ansa)Quella dei rifugiati e dei migranti "è una situazione obbrobriosa, che posso solo descrivere con una parola che mi venne fuori spontaneamente a Lampedusa: vergogna". Papa Francesco torna ad affrontare uno dei temi che più ha a cuore, lo fa con espressioni forti e chiare come "bancarotta dell'umanità" durante l'incontro in Vaticano con i movimenti popolari internazionali e punta l'indice contro "un sistema socio-economico ingiusto e le guerre" che provocano il doloroso sradicamento di tanti dalla loro patria.

Durante il suo discorso Francesco ricorda quando a Lesbo ha potuto "ascoltare da vicino la sofferenza di tante famiglie espulse dalla loro terra per motivi economici o violenze di ogni genere. Folle esiliate, l'ho detto di fronte alle autorità di tutto il mondo, a causa di un sistema socio-economico ingiusto e di guerre che non hanno cercato, che non hanno creato coloro che oggi soffrono il doloroso sradicamento dalla loro patria, ma piuttosto molti di coloro che si rifiutano di riceverli. Faccio mie le parole di mio fratello l'arcivescovo Hieronymos di Grecia: 'chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza, la bancarotta dell'umanità".

E ancora il pontefice s'interroga, "che cosa succede al mondo di oggi che, quando avviene la bancarotta di una banca, immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell'umanità non c'è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto? E così il Mediterraneo è diventato un cimitero, e non solo il Mediterraneo... Molti cimiteri vicino ai muri, muri macchiati di sangue innocente". La paura, insiste Francesco, "indurisce il cuore e si trasforma in crudeltà cieca che si rifiuta di vedere il sangue, il dolore, il volto dell'altro".

"Cosa fare", si è chiesto il Papa ad alta voce parlando ai cartoneros, ai campesinos giunti dall'America Latina e agli attivisti di tante organizzazioni pacifiste arrivati invece dai paesi dell'Europa e dagli Stati Uniti , "di fronte a questa tragedia? Nel nuovo Dicastero per lo sviluppo integrale dell'uomo c'è una sezione che si occupa di queste situazioni. Ho deciso che, almeno per un certo tempo, quella sezione dipenda direttamente dal Pontefice, perché questa è una situazione obbrobriosa".

"Il futuro dell'umanità - conclude Papa Francesco - non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento". "Anchela Chiesa può e deve, senza pretendere di avere il monopolio della verità, pronunciarsi e agire specialmente davanti a situazioni in cui si toccano le piaghe e le sofferenze drammatiche, e nelle quali sono coinvolti i valori, l'etica, le scienze sociali e la fede".

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27 febbraio 2016 6 27 /02 /febbraio /2016 18:54

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AGLI IMPRENDITORI RIUNITI IN CONFINDUSTRIA

Aula Paolo VI
Sabato, 27 febbraio 2016

[Gentili Signore e Signori, buongiorno!

Saluto tutti voi, rappresentanti del mondo dell’impresa, che siete venuti così numerosi. Ringrazio il Presidente Signor Squinzi, come pure il Signor Ghizzoni e la Signora Marcegaglia, per le parole che mi hanno rivolto. Con questo incontro, che costituisce una novità nella storia della vostra Associazione, vi siete proposti di confermare un impegno: quello di contribuire con il vostro lavoro a una società più giusta e vicina ai bisogni dell’uomo. Volete riflettere insieme sull’etica del fare impresa; insieme avete deciso di rafforzare l’attenzione ai valori, che sono la “spina dorsale” dei progetti di formazione, di valorizzazione del territorio e di promozione delle relazioni sociali, e che permettono una concreta alternativa al modello consumistico del profitto a tutti i costi.

Fare insieme” è l’espressione che avete scelto come guida e orientamento. Essa ispira a collaborare, a condividere, a preparare la strada a rapporti regolati da un comune senso di responsabilità. Questa via apre il campo a nuove strategie, nuovi stili, nuovi atteggiamenti. Come sarebbe diversa la nostra vita se imparassimo davvero, giorno per giorno, a lavorare, a pensare, a costruire insieme!

Nel complesso mondo dell’impresa, “fare insieme” significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità, in cui l’esperienza del lavoro, il sacrificio che lo alimenta e i frutti che ne derivano trovano senso e valore. E, insieme con le famiglie, non possiamo dimenticare le categorie più deboli e marginalizzate, come gli anziani, che potrebbero ancora esprimere risorse ed energie per una collaborazione attiva, eppure vengono troppo spesso scartati come inutili e improduttivi. E che dire poi di tutti quei potenziali lavoratori, specialmente dei giovani, che, prigionieri della precarietà o di lunghi periodi di disoccupazione, non vengono interpellati da una richiesta di lavoro che dia loro, oltre a un onesto salario, anche quella dignità di cui a volte si sentono privati?

Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’impresa che metta al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti. “Fare insieme” vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti. Significa, in altri termini, “fare rete” per valorizzare i doni di tutti, senza però trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno. Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo: non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze, le sue fatiche.

Questa attenzione alla persona concreta comporta una serie di scelte importanti: significa dare a ciascuno il suo, strappando madri e padri di famiglia dall’angoscia di non poter dare un futuro e nemmeno un presente ai propri figli; significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza, soprattutto per le giovani generazioni, che oggi ne hanno più che mai bisogno.

Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium rilanciavo la sfida di sostenerci a vicenda, di fare dell’esperienza condivisa un’occasione per «maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti» (n. 87). Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e di sospetto che vengono ancora erette ai nostri giorni, il mondo del lavoro, di cui voi siete attori di primo piano, è chiamato a fare passi coraggiosi perché “trovarsi e fare insieme” non sia solo uno slogan, ma un programma per il presente e il futuro.

Cari amici, voi avete «una nobile voca­zione orientata a produrre ricchezza e a migliora­re il mondo per tutti» (Lett. enc. Laudato si’, 129); siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo “umanesimo del lavoro”. Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio. La vostra via maestra sia sempre la giustizia, che rifiuta le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e dei facili compromessi. La legge suprema sia in tutto l’ attenzione alla dignità dell’altro, valore assoluto e indisponibile. Sia questo orizzonte di altruismo a contraddistinguere il vostro impegno: esso vi porterà a rifiutare categoricamente che la dignità della persona venga calpestata in nome di esigenze produttive, che mascherano miopie individualistiche, tristi egoismi e sete di guadagno. L’impresa che voi rappresentate sia invece sempre aperta a quel «significato più ampio della vita», che le permetterà di «servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 203). Proprio il bene comune sia la bussola che orienta l’attività produttiva, perché cresca un’economia di tutti e per tutti, che non sia «insensibile allo sguardo dei bisognosi» (Sir 4,1). Essa è davvero possibile, a patto che la semplice proclamazione della libertà eco­nomica non prevalga sulla concreta libertà dell’uomo e sui suoi diritti, che il mercato non sia un assoluto, ma onori le esigenze della giustizia e, in ultima analisi, della dignità della persona. Perché non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza il rispetto della dignità di ciascuno.

Vi ringrazio per il vostro impegno e per tutto il bene che fate e che potrete fare. Il Signore vi benedica. E vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie!

E adesso vorrei chiedere al Signore che benedica tutti voi, le vostre famiglie, le vostre imprese.

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11 gennaio 2016 1 11 /01 /gennaio /2016 19:18

 Vito Mancuso - La Repubblica

Papa Francesco non ha portato novità nella teologia e nei principi della fede. Ha portato un atteggiamento umano e misericordioso verso le persone. E’ un passo in avanti e per questo lo appoggio e sono dalla sua parte, ma dal punto di vista dottrinale la gerarchia della Chiesa cattolica è indietro di 200 anni come affermava  il cardinal Martini (Il redattore)

Non si deve chiedere quello che non può dare a questo libro-intervista di Papa Francesco con Andrea Tornielli, delle cui 120 pagine a stampa più di un terzo sono bianche o di strumenti redazionali. Quello che il libro può dare e dà effettivamente è la saggezza vissuta di un uomo di Dio che crede profondamente nel Vangelo e nella sua capacità di rinnovare la vita. Dalla sua lunga esperienza il papa trae una serie di aneddoti, uno più fresco dell' altro, raccontati sempre con grazia e delicatezza. 
C'è la vecchietta argentina che dice che Dio perdona sempre perché altrimenti il mondo non esisterebbe, la donna sola che per mantenere i figli si prostituisce e che ringrazia di essere chiamata comunque "signora", l' uomo devoto che non perde una messa e ha una relazione con la cameriera e si giustifica dicendo che le cameriere ci sono anche per questo, la donna che non si confessa da quando aveva 13 anni perché allora il prete le chiese dove teneva le mani mentre dormiva, la signora cui vengono richiesti per prima cosa 5.000 dollari per la causa di nullità matrimoniale, la ragazza che nel postribolo incontra l' uomo che forse la sposerà e che per questo si reca in pellegrinaggio, e altri vividi esempi di concretissima umanità. Tutto il procedere del libro è segnato dall' esperienza del peccato, cui il papa attribuisce un' importanza decisiva, rendendola quasi una condizione indispensabile dell' esperienza spirituale: se il nome di Dio infatti è misericordia, solo chi ha bisogno di misericordia, cioè il peccatore, lo può incontrare. Il peccato, a partire dal peccato originale ritenuto "qualcosa di realmente accaduto alle origini dell' umanità" (p. 58), funziona quindi come un paradossale pre-sacramento. Per questo coloro che non ne hanno il rimorso sono il vero bersaglio polemico, cui il Papa giunge persino ad augurare di peccare: "Ad alcune persone tanto rigide farebbe bene una scivolata, perché così, riconoscendosi peccatori, incontrerebbero Gesù" (p. 82). L' altro aspetto su cui il libro si sofferma a lungo è il sacramento della confessione, che per il Papa è il luogo concreto per incontrare la misericordia di Dio e al cui riguardo non mancano consigli ai confessori. Il libro è un campione esemplare della spiritualità di Bergoglio: la vita è una guerra, vi sono molti feriti, la Chiesa è un ospedale da campo, i suoi ministri devono operare come medici e infermieri. La misericordia di cui parla il Papa si configura quindi come un' operazione strettamente ecclesiastica. Anche il suo Dio è quello della più tradizionale dottrina cattolica basata sul nesso tra peccato originale e redenzione tramite il sacrificio: "Il Padre ha sacrificato suo Figlio". Che cosa invece non si deve chiedere al libro perché non lo dà? Non si deve chiedere la trattazione, anche solo come accenno, delle capitali questioni filosofiche e teologiche sottese all' argomento trattato. Per quanto riguarda la dimensione filosofica, la questione del peccato e del suo perdono rimanda al rapporto tra coscienza, libertà e giudizio morale. E le domande che sorgono dal contesto contemporaneo sono: esiste realmente la coscienza? Siamo veramente liberi e quindi responsabili del bene e del male commessi? Il bene e il male esistono come qualcosa di oggettivo o si tratta di convenzioni culturali che l' uomo più evoluto può superare andando "al di là del bene e del male"? Per quanto riguarda la teologia, la questione principale concerne il rapporto tra grazia e libertà: la misericordia di Dio si dà del tutto gratuitamente o per renderla efficace è necessario un primo passo dell' uomo? La dottrina ecclesiastica condannò come eretica (definendola per la precisione semipelagiana) la prospettiva secondo cui la misericordia divina dipende da un primo piccolo passo dell' uomo. Eppure questa è esattamente la tesi sostenuta più volte dal papa (a pp. 15, 50 e 72), in linea con la tradizione della teologia gesuita che tra la fine del 500 e l' inizio del 600 scatenò una violenta e non conclusa polemica con i più tradizionali domenicani detta "controversia de auxiliis". Vi è poi la questione della vita futura: se la misericordia è veramente il nome di Dio, come giustificare la dannazione eterna dell' inferno? Fosse anche solo per pochi, o anche solo per l' angelo decaduto diventato il Diavolo, l' esistenza dell' inferno eterno rende aporetica l' affermazione della misericordia quale nome di Dio. Se la tesi del papa, come io ritengo, è vera, essa impone logicamente la dottrina detta "apocatastasi", cioè il perdono finale per tutti. Essa lungo la storia fu sostenuta da grandi teologi, ma purtroppo è eretica per la dottrina ufficiale della Chiesa. Tali questioni non le si deve chiedere a questa pubblicazione d' occasione, ma al papa e alla sua sapienza ritengo di sì. 

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11 gennaio 2016 1 11 /01 /gennaio /2016 15:56

Papa Francesco - la Repubblica

 La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere. Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Gesù dice ai suoi discepoli: se anche un tuo fratello ti offende sette volte al giorno e sette volte al giorno torna da te a chiederti perdono, tu perdonalo. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l' umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Nel 1991 avevo dedicato a questo tema un lungo articolo, pubblicato come piccolo libro Corrupción y pecado [nella versione italiana Guarire dalla corruzione, N.d.R.]. Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più: anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte, seppure legate tra loro. Il peccato, soprattutto se reiterato, può portare alla corruzione, non però quantitativamente - nel senso che un certo numero di peccati fanno un corrotto - quanto piuttosto qualitativamente: si generano abitudini che limitano la capacità di amare e portano all' autosufficienza. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c' è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati. Uno può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione. Guardando al Vangelo penso ad esempio alle figure di Zaccheo, di Matteo, della samaritana, di Nicodemo, del buon ladrone: nel loro cuore peccatore tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio. Il peccatore, nel riconoscersi tale, in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze. È un lungo declino nel quale si affonda cercando di salvare soltanto l' apparenza".

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24 febbraio 2015 2 24 /02 /febbraio /2015 16:26

Lavoro, Papa Francesco definisce "peccato gravissimo" far lavorare in nero, chi lo fa "non è un buon cristiano"

L'Huffington Post

"Non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle dell'ingiustizia che fai con i tuoi dipendenti. È un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l'ingiustizia". Lo afferma Papa Francesco, secondo cui "non è un buon cristiano" chi non tratta bene la sua comunità, le persone che da lui dipendono, siano essi familiari o lavoratori. "Se uno va a messa la domenica e fa la comunione, gli si può chiedere: 'Com'è il rapporto con i tuoi dipendenti? Li paghi in nero? Paghi il salario giusto? Versi i contributi per la pensione?".

Nell'omelia alla Messa mattutina a Casa Santa Marta, Jorge Mario Bergoglio ha invitato i cristiani, specie in Quaresima, a vivere coerentemente l'amore a Dio e l'amore al prossimo. In particolare il Papa ha messo dunque in guardia da chi invia un assegno alla Chiesa e poi si comporta ingiustamente con i suoi dipendenti. Commentando le letture, il Pontefice ha subito sottolineato che bisogna distinguere tra "il formale e il reale": per il Signore, ha osservato, non va bene il digiuno, non mangiare la carne, se ma poi si litiga e si sfruttano gli operai. Ecco perché Gesù ha condannato i farisei perché facevano "tante osservanze esteriori, ma senza la verità del cuore".

Secondo Bergoglio, è peccato gravissimo usare Dio per coprire l'ingiustizia. Così, se uno va a Messa tutte le domeniche e fa la comunione, gli si può chiedere: "E com' è il tuo rapporto con i tuoi dipendenti? Li paghi in nero? Paghi loro il salario giusto? Anche versi i contributi per la pensione? Per assicurare la salute?. Quanti, quanti uomini e donne di fede, hanno fede ma dividono le tavole della legge: 'Sì, sì io faccio questo' - 'Ma tu fai elemosina?' - 'Sì, sì, sempre io invio un assegno alla Chiesa' - ''Ah, beh, va bene. Ma alla tua Chiesa, a casa tua, con quelli che dipendono da te - siano i figli, siano i nonni, siano i dipendenti - sei generoso, sei giusto?'.

Tu non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle della ingiustizia che fai con i tuoi dipendenti. Questo è un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l'ingiustizia". Il Papa va oltre e dice che "non è un buon cristiano quello che non fa giustizia con le persone che dipendono da lui". E non è un buon cristiano, ha aggiunto, "quello che non si spoglia di qualcosa necessaria a lui per dare a un altro che abbia bisogno". Il cammino della Quaresima, ha detto ancora, "è questo, è doppio, a Dio e al prossimo: cioè, è reale, non è meramente formale. Non è non mangiare carne solamente il venerdì, fare qualcosina, e poi fare crescere l'egoismo, lo sfruttamento del prossimo, l'ignoranza dei poveri".

Papa Francesco, nuovo monito ai mafiosi: "Convertitevi!"

"Religiosità esteriore non basta". Pochi giorni dopo quel discorso, però, sempre in Calabria, a Oppido Mamertina, si è verificato il caso del presunto "inchino" fatto compiere alla statua della Madonna davanti alla casa di un boss nel corso di una processione. Oggi, parlando nell'aula Paolo VI, il Pontefice è sembrato evocare anche quell'episodio rimarcando le distanze tra la mafiosità e la religiosità rispetto ai riti sacri: "I gesti esteriori di religiosità non bastano per accreditare come credenti quanti, con la cattiveria e l'arroganza tipica dei malavitosi, fanno dell'illegalità il loro stile di vita. Non si può - ha detto Francesco - dirsi cristiani e violare la dignità delle persone; quanti appartengono alla comunità cristiana non possono programmare e consumare atti di violenza contro gli altri e contro l'ambiente".

Quello delle infiltrazioni della 'ndrangheta nelle funzioni legate alla religiosità popolare è un problema ricorrente. La Procura di Reggio Calabria ha aperto tre inchieste per fare chiarezza su episodi che si sarebbero verificati nel corso dell'ultimo anno, mentre in passato il rito dell'Affruntata di Sant'Onofrio, nel Vibonese, è finito al vaglio degli inquirenti perché la cosca locale avrebbe addirittura utilizzato la simbologia della processione per far compiere un atto pubblico di sottomissione ai nuovi affiliati. Santini e statue, del resto, fanno da sempre parte del corredo dei padrini.

Ma, ha sottolineato oggi con fermezza papa Francesco, "i gesti esteriori di religiosità non accompagnati da vera e pubblica conversione non bastano per considerarsi in comunione con Cristo e la sua Chiesa". "O Gesù o il male!", ha ripetuto per due volte il pontefice, chiedendo ai mafiosi da quale parte vogliono schierarsi. Un appello alla conversione pronunciato con voce ferma, che si innesta nella scia del discorso storico pronunciato da Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993. "La Chiesa vi accoglie - ha detto Francesco agli uomini della criminalità organizzata - se come pubblica è stata la vostra scelta di servire il male, chiara e pubblica sarà anche la vostra volontà di servire il bene".

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17 febbraio 2015 2 17 /02 /febbraio /2015 15:53

Dito puntato: intervento di Papa Franceso

http://www.ilgiorno.it/milano/video/expo-messaggio-papa-francesco-1.647539

Bergoglio muove la sua accusa contro un intero sistema senza troppi giri di parole, come nel passaggio in cui afferma: "Non possiamo più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà, per guarire le nostre società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi. I mercati e la speculazione finanziaria - spiega il Papa - non possono godere di un'autonomia assoluta.

Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo".

Questa economia non include, ma scarta: scarta il lavoro, le imprese, le persone (la classe media dopo i lavoratori), Dopo la crisi del 2008, le disparità sociali, la disoccupazione sono aumentate e l’1% della popolazione mondiale è arrivata a possedere come altrettanto il restante 99% delle persone. Siamo come situazione della ricchezza uguali al 1800.

L'attenzione per i poveri - La povertà resta il primo dei pensieri di Bergoglio, che aggiunge: "Gesù ha detto che prima di offrire il nostro dono davanti all'altare dobbiamo riconciliarci con il nostro fratello per essere in pace con lui. di Andrea Tornielli, Giacomo Galeazzi Sono bastate poche frasi del pontefice «contro l’economia che uccide» per bollarlo come “papa marxista”.

Che a fare certi commenti siano editorialisti di quotidiani finanziari, o esponenti di movimenti come il “Tea Party” americano, non deve probabilmente sorprendere. Molto più sorprendente, invece, è che siano stati condivisi anche da alcuni settori del mondo cattolico, dal momento che, come mostrano Tornielli e Galeazzi, vaticanisti fra i più accreditati nel panorama internazionale, alla base dei ragionamenti di Bergoglio non c’è che la radicalità evangelica dei Padri della Chiesa. Delle disuguaglianze sociali e dei poveri è ammesso parlare, a patto che lo si faccia di rado. Un po’ di carità e un pizzico di filantropia, conditi da buoni sentimenti, vanno bene, mettono a posto la coscienza. Basta non esagerare.

Basta, soprattutto, non azzardarsi a mettere in discussione il “sistema”. Un sistema che, anche in molti ambienti cattolici, rappresenterebbe il migliore dei mondi possibili, perché – come ripetono senza sosta le cosiddette “teorie giuste” – più i ricchi si arricchiscono meglio va la vita dei poveri. Ma il fatto è che il sistema non funziona, e oggi viene messo in discussione da un papa che in questo libro propone una riflessione sul rapporto fra economia e Vangelo. Temi che troveranno spazio anche nella sua prossima enciclica.

Papa Francesco: questa economia uccide
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7 febbraio 2015 6 07 /02 /febbraio /2015 15:49

Marco Ansaldo - La Repubblica

MONSIGNOR Romero diventerà beato. Il vescovo salvadoregno ucciso mentre celebrava messa nel 1980, la cui causa è rimasta frenata per anni in Vaticano perché a torto ritenuto vicino alla Teologia della liberazione, se non considerato socialista o addirittura marxista, salirà presto all'onore degli altari. Ma chi vincerà, adesso, «la guerra tra monsignor Paglia e il cardinale Amato», copyright dello stesso Papa Francesco durante il suo ultimo viaggio all'estero, entrambi in prima fila per questo difensore dei poveri?

Il dettaglio non è di poco conto. Angelo Amato ieri è stato ricevuto dal Pontefice, che ha comunicato ufficialmente al Prefetto della Congregazione per le cause dei Santi la decisione di beatificare il vescovo martire. Ma spetterà oggi a Vincenzo Paglia, Postulatore della causa di monsignor Romero, e consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio da sempre attenta al mondo degli ultimi, presentare nella Sala stampa della Santa Sede come si è giunti infine alla scelta di Romero. Oltre alla data della beatificazione, che alcuni già ipotizzano per il prossimo 24 marzo, 35° anniversario della morte.

Con un decreto firmato il Papa ha riconosciuto di monsignor Oscar Arnulfo Romero «il martirio », perché assassinato a San Salvador il 24 marzo 1980 «in odio alla fede». Un atto aspettato da molti nella Chiesa, mentre nel suo Paese il popolo già da tempo lo considera "San Romero de America". Ma bisognava attendere l'arrivo di un Pontefice latinoamericano, e anche molto sensibile alle istanze sociali, perché la causa di "monsegnor Romero" conoscesse un'accelerazione e si sbloccasse nonostante le resistenze, gli insabbiamenti e i sabotaggi che hanno caratterizzato il lungo iter processuale.

La vita di Romero fu complessa, dividendosi in due parti. Prima, quella di sacerdote e vescovo poco incline alle lotte verso il suo popolo. Poi, quella da lui stesso definita una "conversione", con la nomina a primate della Chiesa cattolica del Salvador, e con l'uccisione del gesuita Rutilio Grande ad opera di sicari per il suo impegno verso gli ultimi. Fu la veglia al confratello sacerdote, nel marzo del 1977, a cambiargli la vita.

Nella sua prima lettera pastorale Romero dichiarò apertamente di volersi schierare dalla parte dei più poveri. Progressivamente, le sue omelie diventarono un martello contro il potere, simboleggiato dagli squadroni della morte dell'esercito, ma esercitato con la violenza dal partito nazionalista conservatore capeggiato dal colonnello Roberto D'Aubuisson. Il giorno in cui venne ucciso, monsignor Romero aveva appena concluso la sua omelia, ribadendo la sua denuncia contro un governo che nei campi minati mandava avanti i bambini. Pochi minuti dopo, al momento dell'elevazione, un sicario entrato nella piccola cappella dell'ospedale della Divina provvidenza, sparò un solo colpo che recise al vescovo la vena giugulare.

La sua beatificazione fu un caso per anni. Nel 1998 la Congregazione per la Dottrina della Fede prese in esame la questione. Nella fase di acquisizione dei dati e delle testimonianze (50 mila le sole carte dell'archivio personale),

Lo stesso monsignor Paglia, intervistato da Stefania Falasca su Avvenire , ha così spiegato: «Il suo pensiero teologico era "uguale a quello di Paolo VI definito nell'esortazione Evangelii nuntiandi ", come rispose egli stesso nel 1978 a chi gli chiedeva se appoggiasse la Teologia della liberazione. E che, in sostanza, in un contesto storico caratterizzato da estrema polarizzazione e da cruenta lotta politica, si scambiò per connivenza con l'ideologia marxista la difesa concreta dei poveri, che Romero sosteneva non per vicinanza alle idee socialiste ma per fedeltà alla Tradizione ». Alla Radio Vaticana ieri Paglia si è detto «davvero commosso, perché dopo tanti anni, finalmente, giunge la conclusione di questo lungo processo, e la gioia è doppia». E parla di un «quid provvidenziale»: il fatto cioè che Romero venga dichiarato beato dal primo Papa sudamericano della storia. Oggi toccherà a Paglia. Il cardinale Amato, come Prefetto dei santi, presiederà ovviamente la causa di beatificazione.

Questa economia uccide - Papa Francesco

http://video.repubblica.it/dossier/expo-milano-2015/papa-francesco-no-a-iniquita-questa-economia-uccide/191231

Il messaggio integrale del Papa per EXPO

http://video.repubblica.it/dossier/expo-milano-2015/expo-il-messaggio-del-papa-l-integrale/191229/190169  

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28 novembre 2014 5 28 /11 /novembre /2014 18:55

Il Papa: basta soldi per battesimi e messe i parroci affaristi scandalo per la Chiesa

La redenzione é sempre Gratis .L'anatema di Bergoglio - Bagnasco: solo offerte, i sacramenti non si pagano

Paolo Rodari – La Repubblica

«Dio non ha niente a che vedere con i soldi, e la Chiesa non può essere affarista ». Così Francesco ieri a Santa Marta commentando il Vangelo nel quale Gesù caccia i mercanti dal Tempio perché «hanno trasformato la casa di preghiera in un covo di ladri». Oggi le parrocchie hanno al proprio interno buoni amministratori ma anche alcuni approfittatori. Ma per gli affaristi il tempo è scaduto. Perché «ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente». Per questo occorre avere il coraggio di denunciare «in faccia al parroco » il traffico di soldi. «Questo — ha detto Francesco ricordando un caso di cui fu testimone in una parrocchia di Buenos Aires — è peccato di scandalo», mentre «la redenzione è sempre gratuita ».

In Italia non esistono tariffari per l'accesso ai sacramenti. Infatti, si lascia libertà a ciascuna diocesi di regolarsi come ritiene. L'assurto di fondo, però, è che un sacramento non si compra. Ed è solo per compensare il servizio offerto che i parroci accettano offerte libere. Spiega padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi: «Noi lasciamo che vi siano offerte libere. Il Papa, comunque, ha fatto bene a richiamare il fatto che la vita di noi sacerdoti e dei laici è chiamata a essere dono e servizio agli altri».

A Roma, dove fra l'altro molte persone si sposano arrivando da altre diocesi, il vicariato ha indicato un tetto oltre il quale le offerte non possono essere accettate: per il matrimonio non si devono superare i 270 euro, mentre per la messa per i defunti i dieci. A Palermo, sposarsi in chiesa prevede un'offerta da 100 a 300 euro, mentre per un battesimo e un funerale basta un'offerta più modesta.

Le parole del Papa sono state commentate ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che ha ricordato come «i sacramenti non sono pagati in nessun modo. Le offerte che i fedeli intendono dare in forma libera sono un modo per contribuire alla necessità materiali della Chiesa». Parole che ad alcuni osservatori sono sembrate in antitesi a quelle del Papa. Tanto che il portavoce della Cei, Domenico Pompili, ha dovuto precisare: «I parroci sanno bene che eventuali offerte possono essere accolte per la carità, ma mai pretese visto che dei sacramenti non si fa merce di scambio», ha detto rilevando che «qualsiasi lettura che contrappone le parole del presidente della Cei al Papa è fuorviante perché le parole del cardinale Bagnasco intendono ribadire la persuasione espressa dal Papa circa il fatto che non si fa commercio delle cose sacre».

In tutto il pontificato di Bergoglio ricorrono uscite dure contro chi vive la Chiesa non in un'ottica di servizio ma per propri interessi. È una «corruzione» figlia di quella «mondanità spirituale» che il Papa dispiegò già in Evangelii Gaudium ribadendo un'idea che fu del teologo gesuita Henri de Lubac che in «Meditazioni sulla Chiesa» la definì come «il pericolo più grande per la Chiesa, la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorché tutte le altre sono vinte, alimentata anzi da queste vittorie». E Francesco lo sa bene.

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31 ottobre 2014 5 31 /10 /ottobre /2014 20:49

Il Papa ai movimenti popolari: "Terra, casa, lavoro: continuate la vostra lotta"

 "Nessuno rimanga senza diritti. La solidarietà non è semplice generosità, ma comunità. Mi accusano di essere comunista, ma l'amore per i poveri è scritto nel Vangelo. I meno abbienti non si accontentano di promesse illusorie, anche se si vuol farli tacere"

"Terra, lavoro, casa. Strano, ma se parlo di questo per alcuni sono comunista" e invece "l'amore per i poveri è al centro del Vangelo" e della dottrina sociale della Chiesa. Lo ha detto il Papa ad alcuni movimenti popolari, tra cui quello legato allo storico centro sociale milanese Leoncavallo, sottolineando che questo incontro "non risponde a nessuna ideologia".

La lotta alla povertà. "Diciamo insieme con il cuore", ha esortato Francesco, "nessuna famiglia senza tetto, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità del lavoro!", invitando i movimenti popolari a "continuare la propria lotta, perché ci fa bene a tutti". L'incontro con i loro rappresentanti "è un grande segno: viene messa alla presenza di Dio, della Chiesa, della gente una realtà spesso messa a tacere. I poveri non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. E neanche possono aspettare a braccia incrociate l'aiuto delle Ong, di piani assistenziali o soluzioni che non arrivano o se arrivano" lo fanno in un modo "pericoloso", per "anestetizzare o addomesticare".

"I movimenti rivitalizzano democrazia". Secondo il Papa, i movimenti popolari "esprimono la necessità urgente di rivitalizzare le nostre democrazie, tante volte sequestrate da innumerevoli fattori". Francesco ha anche sottolineato che è "impossibile" immaginare "un futuro per una società senza la partecipazione protagonista della grande maggioranza" della persone. Bisogna superare "l'assistenzialismo paternalista" per avere pace e giustizia, creando "nuove forme di partecipazione che includano i movimenti popolari" e il "loro torrente di energia morale".

"Una tempesta di speranza". Tornando ai meno abbienti, secondo Papa Francesco, Gesù avrebbe definito "ipocrita" chi vorrebbe affrontare "lo scandalo della povertà attraverso la promozione di strategie di contenimento e rassicurazione che rende i poveri solo degli esseri addomesticati e innocui". "Dietro presunte opere altruistiche", il Papa intravede infatti il rischio di ridurre i poveri "alla passività" mentre "le ambizioni di business e personali si nascondono". Meglio certamente "il vento della promessa che alimenta l'illusione di un mondo migliore. Quel vento - ha detto Bergoglio - diventa una tempesta di speranza".

Il Papa: "Ecco la vera solidarietà". La solidarietà, ha aggiunto Francesco, è "molto più di sporadici atti di generosità. E' pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita per tutti contro l'appropriazione dei beni da parte di pochi. E anche combattere le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali". Secondo il Papa, la solidarietà deve contrastare gli "effetti distruttivi dell'Impero del denaro: le migrazioni forzate, il traffico di persone, la droga, la guerra, la violenza". E allora la solidarietà, "intesa nel suo significato più profondo, è un modo di fare la storia e questo è ciò che fanno i movimenti popolari".

Periferie e centri commerciali. Il Papa ha poi rilevato con amarezza che "nel mondo delle ingiustizie abbondano gli eufemismi per cui una persona che soffre la miseria si definisce semplicemente 'senza fissa dimora'". Viviamo in città che costruiscono centri commerciali e abbandonano "una parte di sé ai margini, nelle periferie". Francesco ha invece elogiato quelle città dove si "segue una linea di integrazione urbana", dove "si favorisce il riconoscimento dell'altro".

Il precedente. Per quanto riguarda le ideologie, non è la prima volta che il Papa sottolinea che le sue dichiarazioni non sono figlie della dottrina comunista ma di quella cristiana. Lo scorso aprile Francesco aveva espresso delle considerazioni molto simili durante un dialogo con alcuni studenti belgi. Ieri, invece, aveva smentito una contrapposizione tra big bang e creazionismo.

"Io comunista? Amo i poveri" Il Papa incontra i movimenti

 «Aiutiamo la gente a scoprire la gioia del messaggio cristiano: un messaggio d'amore e misericordia». Con un tweet inviato a suoi oltre 15 milioni di follower, papa Francesco ha voluto spiegare di persona il significato dell'incontro avvenuto ieri in Vaticano con i movimenti popolari per un confronto sull'economia e la globalizzazione. Molte le organizzazioni provenienti dall'America Latina, alle quali Francesco ha parlato in spagnolo. A rappresentare l'Italia il centro sociale Leoncavallo, Banca Etica, Genuino Clandestino e la Fabbrica Recuperata Rimaflow .

Francesco non ha mancato di ripetere come oggi sia in corso «la Terza Guerra Mondiale», una realtà di fatto che deve la sua origine proprio ai «sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra». «Quanta sofferenza, quanta distruzione — ha incalzato Bergoglio — quanto dolore. Oggi, si leva da tutte le parti della terra, in tutti popoli, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido di pace: Mai più la guerra».

Secondo il Pontefice, il sistema economico tutto incentrato sul denaro è la causa anche delle sciagure naturali che affliggono l'umanità. «Il sistema economico — ha detto non a caso Francesco — sfrutta la natura per sostenere il ritmo frenetico di consumo e da qui derivano effetti distruttivi come il cambiamento climatico e la deforestazione». E a tal proposito Bergoglio ha confermato che sta preparando una enciclica sull'ecologia assicurando che le preoccupazioni dei movimenti popolari saranno presenti in essa. «Il binomio ecologia-pace — ha concluso — chiama in causa questioni che devono riguardare tutti, non si possono lasciare solo nelle mani dei politici». E ha ribadito che «terra, casa e lavoro sono diritti sacri». E l'uomo «non è un bene di consumo».

Dice Daniele Farina, storico portavoce del Leoncavallo e ora deputato di Sel: «Siamo contenti, come Leoncavallo, di aver avuto la possibilità di partecipare a questo incontro. Ma per favore niente sensazionalismi. Vogliamo mantenere un profilo basso: l'incontro è stato importante per tutte le organizzazioni e dice semplicemente che questo Papa ha impresso una svolta alla Chiesa e ha una sensibilità nei confronti degli ultimi».

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