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20 maggio 2014 2 20 /05 /maggio /2014 21:25

La lettera di 26 firmatarie italiane «coinvolte sentimentalmente con un sacerdote o religioso»: si appellano a Bergoglio e gli chiedono di rivedere la legge sul celibato

ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO «Caro Papa Francesco, siamo un gruppo di donne da tutte le parti d'Italia (e non solo) che ti scrive per rompere il muro di silenzio e indifferenza con cui ci scontriamo ogni giorno. Ognuna di noi sta vivendo, ha vissuto o vorrebbe vivere una relazione d'amore con un sacerdote, di cui è innamorata». Inizia così la lettera firmata (con il solo nome di battesimo più l'iniziale del cognome o la città di provenienza, ma nella raccomandata inviata in Vaticano c'era un cognome e c'erano recapiti telefonici) da 26 donne che affermano di vivere relazioni sentimentali con dei preti.

Le firmatarie di definiscono «un piccolo campione» ma affermano di parlare a nome di tante che «vivono nel silenzio». «Come tu ben sai - si legge nella missiva - sono state usate tantissime parole da chi si pone a favore del celibato opzionale, ma forse ben poco si conosce della devastante sofferenza a cui è soggetta una donna che vive con un prete la forte esperienza dell'innamoramento. Vogliamo, con umiltà, porre ai tuoi piedi la nostra sofferenza affinché qualcosa possa cambiare non solo per noi, ma per il bene di tutta la Chiesa». «Noi amiamo questi uomini, loro amano noi - scrivono le 26 donne - e il più delle volte non si riesce pur con tutta la volontà possibile, a recidere un legame così solido e bello, che porta con se purtroppo tutto il dolore del "non pienamente vissuto". Una continua altalena di "tira e molla" che dilaniano l'anima. Quando, straziati da tanto dolore, si decide per un allontanamento definitivo, le conseguenze non sono meno devastanti e spesso resta una cicatrice a vita per entrambi. Le alternative sono l'abbandono del sacerdozio o la persistenza a vita di una relazione segreta».

«Nel primo caso la forte situazione con cui la coppia deve scontrarsi viene vissuta con grandissima sofferenza da parte di entrambi: anche noi donne desideriamo che la vocazione sacerdotale dei nostri compagni possa essere vissuta pienamente, che possano restare al servizio della comunità, a svolgere la missione che per tanti anni hanno svolto con passione e dedizione, rinvigoriti adesso ancor di più dalla forza vitale dell'amore che hanno scoperto insieme a noi, che vogliamo sostenerli e affiancarli nel loro mandato».

«Nel secondo caso, ovvero nel mantenimento di una relazione segreta - si legge ancora nella lettera - si prospetta una vita nel continuo nascondimento, con la frustrazione di un amore non completo che non può sperare in un figlio, che non può esistere alla luce del sole. Può sembrare una situazione ipocrita, restare celibi avendo una donna accanto nel silenzio, ma purtroppo non di rado ci si vede costretti a questa dolorosa scelta per l'impossibilità di recidere un amore così forte che si è radicato comunque nel Signore». Secondo le firmatarie, il servizio totale «a Gesù e alla comunità» sarebbe svolto «con maggiore slancio da un sacerdote che non ha dovuto rinunciare alla sua vocazione all'amore coniugale, unitamente a quella sacerdotale, e che sarebbe anche supportato dalla moglie e dai figli».

Le 26 donne si appellano al Papa chiedendo di essere da lui convocate «per portare davanti a te umilmente le nostre storie e le nostre esperienze, sperando di poter attivamente aiutare la Chiesa, che tanto amiamo, verso una possibile strada da intraprendere con prudenza e giudizio». «Grazie Papa Francesco! - così si conclude la missiva - Speriamo con tutto il cuore che tu benedica questi nostri Amori, donandoci la gioia più grande che un padre vuole per i suoi figli: vederci felici!!!».

Com'è noto Bergoglio, da cardinale di Buenos Aires ma anche nei primi mesi di pontificato fino alla morte della donna, avvenuta nel novembre scorso, si era mantenuto in contatto con Clelia Luro, la vedova dell'ex vescovo Jerónimo Podestá. Nel 2000, l'arcivescovo Jorge Mario Bergoglio aveva assistito Podestá sul letto di morte. Nel 1966 Podestà, quarantacinquenne vescovo della diocesi di Avellaneda, aveva incontrato Clelia - all'epoca trentanovenne, separata e madre di sei figlie - iniziando con lei una relazione che lo avrebbe portato ad abbandonare l'episcopato nell'anno successivo. Nel 1972 era stato dimesso dallo stato clericale e aveva sposato la donna.

Ciononostante, Bergoglio non si è mai espresso in favore della cancellazione della tradizione latina del celibato. Nel dialogo con il rabbino Abraham Skorka pubblicato nel libro «Il cielo e la terra», aveva detto: «È un tema che viene discusso nel cattolicesimo occidentale, su sollecitazione di alcune organizzazioni. Per ora si tiene ferma la disciplina del celibato. C'è chi dice, con un certo pragmatismo, che stiamo perdendo manodopera. Se, per ipotesi, il cattolicesimo occidentale dovesse rivedere il tema del celibato, credo che lo farebbe per ragioni culturali (come in Oriente), non tanto come opzione universale». «Per il momento - continuava Bergoglio - io sono a favore del mantenimento del celibato, con tutti i pro e i contro che comporta, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori... La tradizione ha un peso e una validità. I ministri cattolici scelsero gradualmente il celibato. Fino al 1100 c'era chi lo sceglieva e chi no... è una questione di disciplina e non di fede. Si può cambiare. Personalmente a me non è mai passata per la testa l'idea di sposarmi».

Quello che il futuro Papa non tollerava, era la doppia vita dei sacerdoti. «Se uno viene da me e mi dice che ha messo incinta una donna, io lo ascolto - diceva Bergoglio nel dialogo con il rabbino - cerco di tranquillizzarlo e poco a poco gli faccio capire che il diritto naturale viene prima del suo diritto in quanto prete. Di conseguenza deve lasciare il ministero e farsi carico del figlio, anche nel caso decida di non sposare la donna. Perché come quel bambino ha diritto ad avere una madre, ha anche diritto ad avere un padre con un volto. Io mi impegno a regolarizzare tutti i suoi documenti a Roma, ma lui deve lasciare tutto. Ora, se un prete mi dice che si è lasciato trascinare dalla passione, che ha commesso un errore, lo aiuto a correggersi. Ci sono preti che si correggono, altri no. Alcuni purtroppo non vengono nemmeno a dirlo al vescovo». Correggersi, per Bergoglio significa «fare penitenza, rispettare il celibato. La doppia vita non ci fa bene, non mi piace, significa dare sostanza alla falsità. A volte dico loro: "Se non sei in grado di sopportarlo, prendi una decisione"». A proposito del celibato non si deve dimenticare che, pur senza cambiare la posizione tradizionale, ribadita dai predecessori e dai Sinodi dei vescovi, Benedetto XVI nel novembre 2009 ha aperto un nuovo spiraglio, seppure circoscritto alle comunità anglicane decise a entrare nella comunione cattolica. Com'è noto, con la costituzione apostolica «Anglicanorum coetibus» Papa Ratzinger in quell'anno istituiva gli Ordinariati anglo-cattolici. Nel secondo paragrafo dell'articolo 6 della costituzione, dopo che in precedenza si era ribadita la regola del celibato per il futuro, il Pontefice tedesco stabiliva la possibilità di «ammettere caso per caso all’ordine sacro del presbiterato anche uomini coniugati, secondo i criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede».

In ogni caso, come risulta anche dalla prassi delle Chiese ortodosse e delle Chiese orientali in comunione con Roma, non si è mai trattato di concedere al prete ordinato la possibilità di prendere moglie, ma soltanto di ammettere al sacerdozio (mai all'episcopato) uomini già sposati.

Il Matrimonio è un diritto anche per i preti

La lettera di chi ama i sacerdoti al Papa pone un problema vero Vito Mancuso – La Repubblica

Chissà come risponderà il Papa alla lettera indirizzatagli da 26 donne che (così si sono presentate) «stanno vivendo, hanno vissuto o vorrebbero vivere una relazione d' amore con un sacerdote di cui sono innamorate». Ignorarla non è da lui, telefonare a ogni singola firmataria è troppo macchinoso, penso non abbia altra strada che stendere a sua volta uno scritto. Avremo così la prima epistula de coelibato presbyterorum indirizzata da un Papa a figure che fino a poco fa nella Chiesa venivano chiamate, senza molti eufemismi, concubine. Dai frammenti della lettera riportati sulla stampa risulta che le autrici hanno voluto presentare la «devastante sofferenza a cui è soggetta una donna che vive con un prete la forte esperienza dell' innamoramento ». Il loro obiettivo, scrivono al Papa, è stato «porre con umiltà ai tuoi piedi la nostra sofferenza affinché qualcosa possa cambiare non solo per noi, ma per il bene di tutta la Chiesa».

Ecco la posta in gioco, il bene della Chiesa. L' attuale legge ecclesiastica che lega obbligatoriamente il sacerdozio al celibato favorisce il bene della Chiesa? Guardando ai due millenni del cattolicesimo, ritroviamo che nel primo il celibato dei preti non era obbligatorio («fino al 1100 c' era chi lo sceglieva e chi no», così scriveva il cardinale Bergoglio). Mentre lo divenne nel secondo in base a due motivi: 1) la progressiva valutazione negativa della sessualità, il cui esercizio era ritenuto indegno per i ministri del sacro; 2) la possibilità per le gerarchie di controllare meglio uomini privi di famiglia e di conseguenti complicate questioni ereditarie. Così il prete cattolico del secondo millennio divenne sempre più simile al monaco.

Si tratta però di due identità del tutto diverse. Un conto è il monaco il cui voto di castità è costitutivo del codice genetico perché vuole vivere solo a solo con Dio (come dice già il termine monaco, dal greco mònos, solo, solitario); un conto è il ministro della Chiesa che determina la sua vita nel servizio alla comunità. Il prete (diminutivo di presbitero, cioè "più anziano") esiste in funzione della comunità, di cui è chiamato a essere "il più anziano", cioè colui che la guida in quanto dotato di maggiore saggezza ed esperienza di vita.

Ora la questione è: la celibatizzazione forzata favorisce tale saggezza e tale esperienza? Quando i preti celibi parlano della famiglia, del sesso, dei figli e di tutti gli altri problemi della vita affettiva, di quale esperienza dispongono? Rispondo in base alla mia esperienza: alcuni sacerdoti dispongono di moltissima esperienza, perché il celibato consente loro la conoscenza di molte famiglie, altri di pochissima o nulla, perché il celibato li fa chiudere alle relazioni in una vita solitaria e fredda. Ne viene che il celibato ha valore positivo per alcuni, negativo per altri, e quindi deve essere lasciato, come nel primo millennio, alla libera scelta della coscienza.

Vi è poi da sottolineare che la qualità della vita spirituale non per tutti dipende dall' astinenza sessuale e meno che mai dall' essere privo di famiglia, basti pensare che quasi tutti gli apostoli erano sposati e che il Nuovo Testamento prevede esplicitamente il matrimonio dei presbiteri (cf. Tito 1,6). Se poi guardiamo alla nostra epoca, vediamo che veri e propri giganti della fede come Pavel Florenskij, Sergej Bulgakov, Karl Barth, Paul Tillicherano sposati. Se i nazisti non l' avessero impiccato, anche Dietrich Bonhoeffer si sarebbe sposato, ed Etty Hillesum, una delle più radiose figure della mistica femminile contemporanea, ebbe una vita sessuale molto intensa. Anche Raimon Panikkar, sacerdote cattolico, tra i più grandi teologi del '900, si sposò civilmente senza che mai la Chiesa gli abbia tolto la funzione sacerdotale.

"Non è bene che l' uomo sia solo", dichiara Genesi 2,18. Gesù però parla di "eunuchi che si sono resi tali per il regno dei cieli" (Matteo 19,12). La bimillenaria esperienza della Chiesa cattolica si è svolta tra queste due affermazioni bibliche, privilegiando per i preti ora l' una ora l' altra. Penso però che nessuno possa sostenere che il primo millennio cristiano privo di celibato obbligatorio sia stato inferiore rispetto al secondo. Oggi, a terzo millennio iniziato, penso sia giunto il momento di integrare le esperienze dei due millenni precedenti e di far sì che quei preti che vivono storie d' amore clandestine (che sono molto più di 26) possano avere la possibilità di uscire alla luce del sole continuando a servire le comunità ecclesiali a cui hanno legato la vita. La loro "anzianità" non ne potrà che trarre beneficio.

Vi sono poi le molte migliaia di preti che hanno lasciato il ministero per amore di una donna (ma che rimangono preti per tutta la vita, perché il sacramento è indelebile) e che potrebbero tornare a dedicare la vita alla missione presbiterale, segnati da tanta, sofferta, anzianità.

La moglie del prete Paolo Rodari La Repubblica

Amanti, costrette a soffocare i propri sentimenti: le hanno chiamate le rivali di Dio. Donne che sfidano il senso di colpa ed escono allo scoperto con il loro compagno, schedato subito nella categoria degli "spretati". Per tutte nel tempo di Papa Francesco l' ignominia potrebbe finalmente essere cancellata. La lettera di ventisei di loro a Bergoglio chiede il diritto al matrimonio per chi indossa l' abito talare. E ripropone il dibattito sulla necessità di eliminare non un dogma ma una legge ecclesiastica

C'è chi le ha chiamate per lungo tempo «le rivali di Dio». Ma oggi, nell'èra di Francesco, il Papa che come Giovanni XXIII ritiene che la medicina della Chiesa sia la misericordia - senza la carità «non sono nulla», scrisse san Paolo ai Corinzi - l'ignominia potrebbe finalmente essere cancellata. Sono donne come tante, che a un certo punto del cammino si sono innamorate - ricambiate - di un prete e, a motivo di questo amore, hanno patito sofferenze non da poco. Guardate con sospetto, molte hanno capitolato soffocando i propri sentimenti. Altre hanno tenuto duro e, nella clandestinità, hanno vissuto da amanti il resto della propria vita. Altre ancora, invece, sono uscite allo scoperto assieme al proprio compagno, anch'egli tuttavia da subito schedato all' interno di una precisa categoria, quella degli «spretati».

"Le défroqué" (Lo spretato), non a caso, è il titolo con cui nel 1953 Leo Jannon portò nelle sale un film con epilogo drammatico dedicato alla vita di un prete che lasciò l'abito. A significare che nel film, come nella realtà, lei e lui vivono il medesimo destino di esclusi perché ribelli, gente che in qualche modo va oltre le regole del consentito. Certo, dopo il Concilio Vaticano II molte cose sono cambiate. Anche se è pur vero che per tutti Giovanni Paolo II si batté il petto nel grande giubileo del 2000 (ebrei, scismatici, eretici e perfino streghe) ma non per i preti che hanno abbandonato l' abito per sposarsi, tantomeno per le rispettive consorti. Sono centomila i sacerdoti che negli ultimi cinquant' anni (oggi sono circa 70mila quelli in vita, 6mila soltanto in Italia) hanno lasciato il sacerdozio, la maggior parte di essi per amore di una donna.

Fra le ventisei donne che hanno scritto a Francesco chiedendogli di togliere l'obbligo del celibato sacerdotale non c'è Anna Ferretti, moglie da più di trent' anni di un sacerdote della diocesi di Napoli. Ma anche lei ritiene sia questo il tempo per ricordare che «il celibato non è un dogma ma una legge. E che un prete che decide di sposarsi può portare nuovo amore anche dentro la stessa Chiesa». Dice: «Ho conosciuto mio marito in parrocchia. A un certo punto abbiamo capito insieme che dovevamo andare al di là di una amicizia. Da quel momento mio marito non ha più celebrato per scelta. Siamo rimasti nella Chiesa, ancora adesso mio marito tiene un corso per fidanzati. Un sacerdote a sua volta sposato, ci ha sposati. Il nostro matrimonio non è scritto nei libri della Chiesa. È scritto però in cielo, le carte sono relative».

Gianni Gennari, teologo, oggi non esercita più il ministero ma ancora, dice, «mi sento prete, sono prete». Racconta: «Nell'84 mi ero appena sposato con una dispensa pro gratia di Giovanni Paolo II che mi fu ottenuta direttamente dal cardinale Ratzinger. Ricordo che facendo un'intervista al cardinale Martini per il Tg3, lui mettendomi una mano sulla spalla mi disse sorridendo: "Caro don Gianni, forse sei arrivato troppo presto". In quegli stessi anni, fra l'altro, io e mia moglie siamo stati amici di Jerónimo Podestá, vescovo argentino sposato con Clelia Luro. Quando venivano a Roma spesso erano a pranzo a casa nostra». Podestà lasciò per Clelia l' episcopato. Ma Jorge Mario Bergoglio non lasciò mai loro: fino alla morte di entrambi mantenne un contatto. Gennari, circa l'obbligo del celibato, ha le idee chiare: «Il celibato obbligatorio non è un dogma, non c'è di mezzo alcuna verità di fede, è una legge della Chiesa che pure per secoli ha avuto anche preti sposati e Papi sposati e Papi figli di Papi. Tra l'altro le Chiese cattoliche di rito orientale hanno ancora oggi preti felicemente sposati. La legge fu fissata a metà del secolo decimo sesto dal Concilio di Trento convocato da Papa Paolo III, Alessandro Farnese, padre di quattro figli». Ma, dice ancora, «io non contesto la validità della legge del celibato: da quando c'è e finché c'è va osservata da tutti i preti di rito latino che ne fanno promessa. Chi pensa di non osservarla è tenuto a cessare l'esercizio del ministero presbiterale. Tuttavia è bene ricordare che, come ripete spesso Francesco oggi, i pericoli per la santità presbiterale non vengono solo dal "pansessualismo violento", ma anche da superbia, carrierismo, denaro, potere sulle coscienze altrui e pretesa di comandare anche dove dovremmo ascoltare e servire Il "peccato delle origini" non ha reso "fragile" l'uomo, celibe o sposato, solo nella sessualità. È un problema aperto e rispettando tutti serve pazienza e testimonianza».

La pazienza non è mai troppa. E serve ancora oggi seppure impercettibili spiragli di cambiamento nel tempo del Papa kerigmatico che è Francesco ci sono. Monsignor Erwin Kraeutler, vescovo di origine austriaca, missionario in Brasile, prelato di Xingu nella regione amazzonica, ha riferito di aver parlato con Bergoglio, che lo ha ricevuto in udienza lo scorso quattro aprile, dell'ipotesi che vengano ordinati i cosiddetti "viri probati", uomini sposati di provata fede, per assicurare l' assistenza spirituale in un territorio sconfinato con 700mila fedeli, 800 comunità e soli 27 preti. Cosa le ha detto il Papa? «Che noi vescovi locali conosciamo nel modo migliore i bisogni delle nostre comunità e dovremmo fargli per questo proposte concrete. Dovremmo essere "corajudos", ha detto in spagnolo, Un altro lieve segnale viene della diocesi di Roma. L'altro ieri un circuito di comunità d'ispirazione conciliare, che spinge sui temi della riforma, di cui fa parte anche Noi Siamo Chiesa ha organizzato un incontro dal titolo "Chiesa di tutti, chiesa dei poveri". E i lavori sono stati significativamente aperti con un saluto del vescovo ausiliare Guerino di Tora. Un gesto a suo modo non trascurabile per un rappresentante dell' istituzione.

Racconta VittorioBellavite, portavoce di Noi Siamo Chiesa: «Noi vogliamo stare con fiducia sulla linea di Francesco e dal basso favorire i cambiamenti necessari alla Chiesa». La comunità ecclesiale opera dal basso. Fra questa, le comunità cristiane di base. Il loro riconoscersi nel Vangelo e nella pratica di una Chiesa "altra" rispetto a quella istituzionale - secondo loro più evangelica e più credibile - non è stato sempre apprezzato. Ma, dice Elena Inguaggiato, sposata con Rosario Mocciaro, prete della comunità di base di San Paolo e ridotto allo stato laicale senza che egli avesse chiesto dispensa, «Francesco è un nuovo inizio per tutti perché sa parlare al cuore della gente. Si pone in modo diverso, con uno stile nuovo, e sono sicura che saprà come agire». Come ha vissuto il suo amore? «Inizialmente avevo un po' di senso di colpa. Poi, invece, tutto è stato fatto alla luce del sole, grazie anche all' aiuto della comunità. Siamo felici. Oggi abbiamo anche due figli».

Il senso di colpa, la paura di svelarsi. Giancarla Codrignani - nel 2005 ha scritto "L'amore ordinato", Edizioni Com-Nuovi Tempi - trovò tempo fa su un sito italiano "Donne- cosi" ("donne contro il silenzio") una testimonianza pubblicata per errore contro la richiesta di riservatezza dell'interessata che ben mette in luce quel tormento interiore di chi si sente nel peccato per amare un prete. «Sto male malissimo! Sono stata sbattuta fuori dal confessionale da un mio coetaneo, fresco di seminario, impietrito dal fatto che non voglio né vorrò mai chiedere perdono per aver amato e per amare, perché chiedere perdono sarebbe commettere un peccato ancor più grande, quello di non aver visto la grazia di saper amare fino in fondo e darsi totalmente a chi si è amato e si continua ad amare».

In Vaticano è Gianfranco Girotti, reggente emerito della Penitenzeria apostolica, a dire che «nonostante le tante aperture mostrate su temi scottanti, Bergoglio manterrà la situazione immutata sul celibato». Eppure soluzioni ci sarebbero. Una su tutte la fa sua don Giovanni Nicolini, storico amico di don Giuseppe Dossetti, che spiega come un uomo sposato con famiglia e figli grandi, insieme alla partecipazione diretta della moglie, potrebbe essere ordinato sacerdote. Dice: «Sono consapevole che la tradizione della Chiesa latina non è questa, ma si tratta di un' ipotesi che andrebbe tenuta aperta. Ho visto delle comunità dell'Oriente con preti insieme alle loro spose che servono Dio in maniera splendida. Ed erano bellissimi».

Intervista alla sociologa della Luiss De Blasio

GIACOMO GALEAZZI

ROMA "La lettera delle compagne dei preti è il segno delle speranze che circondano papa Francesco". La sociologa Emiliana De Blasio, che insegna Media gender e Politica all'Università Luiss di Roma ed è cugina del sindaco di New York Bill De Blasio, analizza per Vatican Insider la missiva scritta al Pontefice da 26 donne che affermano di vivere relazioni sentimentali con dei sacerdoti. Un gruppo di donne legate sentimentalmente a sacerdoti ha scritto a papa Francesco.

E’ un universo femminile che esce dal silienzio? "In realtà è un universo che in parte era già uscito allo scoperto con il movimento dei preti sposati. Si trattava però di una presenza ancora forse un piccolo passo indietro rispetto agli uomini. Qui c'è una presa di coscienza e soprattutto una presa di parola, un nuovo protagonismo. Sicuramente è un universo femminile che esce dal silenzio, rivendica il diritto a parlare del proprio amore; non più quindi un ‘problema’ dei preti ma un problema di entrambi. Prima infatti parlavano - quando lo facevano - i preti che lasciavano il sacerdozio o appunto quelli che affermavano il valore del loro ministero anche se sposati. Ora la rivendicazione di dignità viene dalle donne. Da questo punto di vista il valore simbolico è altissimo".

Perché in una società fortemente laicizzata dove tutto è permesso, la vita sessuale dei religiosi sembra essere l'ultimo tabù sopravvissuto? "Di tabù ce ne sono ancora molti a dire il vero. Si pensi all'omosessualità, alla presenza di un'omofobia che non è patrimonio solo di qualche invasato, a un maschilismo non ancora sopito che talvolta si coniuga con la misoginia. La vita sessuale dei religiosi è avvolta in una specie di processo di sacralizzazione che ha accompagnato la funzione stessa del ministero sacerdotale. Si tratta di ultimo retaggio di quel processo di ‘angelicazione’ del sacro che trasforma la santità in modello senza corporeità. La storica Chiara Frugoni aveva fatto una notevole ricostruzione di questo processo di ‘riscrittura’ della storia di san Francesco. La vita sessuale è tabù perché riguarda il corpo, che in una vulgata molto diffusa (ma di fatto assolutamente anti-cristiana) non è cosa di cui si interessano i santi".

Nei casi di abbandono del sacerdozio, ad avere il sopravvento è la solitudine? "Non ho conoscenza scientifica del fenomeno e quindi non posso che esprimere opinioni. Credo che si tratti di un sentimento molto presente ma so che esistono anche gruppi e comunità di auto-aiuto e solidarietà. Certo, sicuramente, la solitudine intesa come rottura del rapporto con una comunità è una grave ferita. Lo è anche per i preti che si sposano. Tuttavia in quest’ultimo caso è possibile costruire nuove relazioni comunitarie".

Nell'oriente cristiano i sacerdoti si sposano. Il clero uxorato è una svolta alla quale può essere pronta anche la componente latina della "cristianità"? "Assolutamente sì. Forse potranno permanere ostacoli fra alcuni soggetti delle generazioni più anziane e fra i membri di qualche gruppo integralista. Mi sembra però che il mondo cattolico del sud Europa sia pronto per il cambiamento. Ciò che a volte si rimprovera ai preti (e più in generale alla Chiesa) è altro, non certo il desiderio a una vita di coppia. La componente latina, poi, è già abituata da tempo a figure uxorate (i diaconi, per esempio, senza dimenticare che la penetrazione delle Chiese riformate ha favorito anche in Italia un processo di ripensamento). Questo non significa che non ci sarebbero opposizioni al clero uxorato; mi sembra, però, che il ‘prete sposato’ non sia più un problema sociale. Forse, dal punto di vista sociale, potrebbe essere più difficile l'accettazione del sacerdozio femminile di quanto possa esserlo quello del sacerdozio maschile uxorato".

Rivolgersi al Papa è anche un modo per fuggire dalla clandestinità e dall'ipocrisia? "Sì. Ma è anche il segno delle speranze che circondano papa Francesco. E’ un uomo del dialogo, che cerca di ascoltare e non imporre, propone un modello di Chiesa aperta al mondo e pronta ad abbracciare il mondo. L'amore prima del giudizio, anzi l'amore che invera il giudizio. Credo che - dal punto di vista sociale - papa Francesco sia percepito, anche dai non credenti, come un testimone di dialogo, ascolto e carità. Rivolgersi al Papa significa uscire dalla clandestinità e dall'ipocrisia ma anche attivare un dialogo con chi ha fatto del dialogo una delle sue armi pastorali".

L'amore di queste donne è un "amore negato"? "No, almeno non più. Lo affermano, il loro amore. Così come i preti sposati avevano già fatto. Direi che è un amore nascosto, che viene delegittimato dalla società proprio perché segreto e per quello che dicevamo a proposito del tabù. Se poi, dal punto di vista psicologico possa essere un amore negato, non saprei perché non sono una psicologa. Queste donne, però, affermando il loro amore, sono positive e proattive e sembrano libere dal senso di colpa che aveva nel passato caratterizzato questo tipo di relazioni: in quei casi forse si trattava di amore negato. Oggi è un amore socialmente delegittimato che reclama di essere riconosciuto

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E
Questo è il sito web che ho letto su DR.WEALTHY e l'ho contattato per aiutarmi a riportare il mio ex fidanzato a sposarmi durante il mese di dicembre dell'anno scorso e sono tornato qui per postare su di lui. DR.WEALTHY ti aiuterà a risolvere il tuo problema, qualunque cosa tu stia attraversando. Pubblicare notizie su un incantatore è molto strano per me perché non ho mai creduto di poter dire di essere stato aiutato da un incantatore a riportare il mio ex ragazzo dopo 3 anni senza contatto. Ho letto del suo incantesimo voodoo da altri siti Web e l'ho contattato per aiutarmi e in meno di 48 ore il mio ex ragazzo mi ha chiamato ed ero felice che volesse tornare da me. Ci siamo incontrati venerdì e mi ha proposto, ... Era l'anello più bello. Per favore, tutti qui, contatta il dottore per risolvere il tuo problema e renderti felice con la tua relazione che ti fa male. L'amore è il miglior sentimento mai provato. Mandalo via email a wealthylovespell@gmail.com o al numero WhatsApp: +2348105150446. visitare il sito Web http://wealthyspellhome.over-blog.com
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