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17 gennaio 2016 7 17 /01 /gennaio /2016 10:54

QUARTO: il sindaco ai magistrati “I vertici di M5S sapevano”

Roberto Saviano – La Repubblica

Non illudiamoci: in uno Stato che non è più Stato di diritto, in uno Stato in cui i vertici delle Istituzioni temono i discorsi sulle mafie perché rovinano il clima di euforia costante in cui dobbiamo fingere di vivere, in una democrazia che non è partecipazione, non esiste forza politica che sia davvero al riparo da infiltrazioni mafiose. Non esiste percorso sicuro, non esistono regole certe. E se i cittadini si allontanano dalla politica, sarà ancora peggio: resterà solo chi ha interessi privati da coltivare.

Francesco Campanella è un collaboratore di giustizia. È stato braccio destro di Nino Mandalà, boss di Villabate (comune a 20 km da Palermo). È stato presidente del Consiglio Comunale di Villabate fino al 1999, anno in cui il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Nel 2000 divenne segretario nazionale dei giovani dell'Udeur. È ricordato soprattutto per aver procurato a Bernardo Provenzano la carta d'identità ("gli ho messo i timbri del comune, ero consigliere, per farlo espatriare") che il boss utilizzò per uscire, e per aver invitato al suo matrimonio Clemente Mastella, che accettò. Io invece lo ricordo per aver messo in scena una finta guerra alla mafia e per essere anche riuscito a risultare credibile. Campanella ha raccontato di aver contribuito personalmente alla nascita di un Osservatorio permanente sulla criminalità, con il consenso di Mandalà e Provenzano, e di aver sponsorizzato la cittadinanza onoraria di Villabate al capitano Ultimo e a Raul Bova ("Ebbi quest'idea del premio a Raul Bova. [...] Io mi resi conto che forse stavamo andando oltre e chiesi a Mandalà il permesso e lui lo chiese a Provenzano. E Provenzano disse ok, perché valutava positivamente di mischiarsi in questo alone, in questa paraculata").

Questa "paraculata" serviva a dare alla mafia un pedigree antimafia. E poi ci sono imprenditori vicini ai clan che denunciano finte estorsioni. È il caso di Giuseppe Fontana, che ha finto di essere vittima dei casalesi per poter gestire indisturbato gli appalti per conto del clan. Lo dice Massimiliano Caterino, che è stato braccio destro di Michele Zagaria e cassiere del clan, ora collaboratore di giustizia. Questa pratica negli ultimi anni è stata utilizzata da diversi imprenditori: denunciare finte estorsioni e costituire associazione antiracket in alcuni casi è servito a bypassare l'ottenimento di certificati antimafia per ottenere commesse con la pubblica amministrazione.

Siamo abituati ai poliziotti infiltrati, ma contro i mafiosi infiltrati non abbiamo anticorpi. E non è facile riconoscerli, serve tempo, indagini, processi e soprattutto condanne, perché nulla è come sembra. I mafiosi non hanno coppola, non parlano dialetti incomprensibili. Sono identici a noi. È chiaro come, in questi territori, iniziare un percorso politico sia difficilissimo e aQuarto anche il M5S, l'ultima delle forze politiche che immagineremmo al tavolo con le organizzazioni criminali, si è dimostrata vulnerabile. Ci si è affrettati a dire che bisogna trovare un modo per diventare inavvicinabili dai boss: certo, ma prima si dovrebbero scoprire le cause che rendono permeabili anche i partiti animati dalle migliori intenzioni. Marco Cappato, Presidente di Radicali italiani, sostiene una cosa che condivido: uno Stato fuorilegge lo è tutto, dal vertice della piramide alla base. Uno Stato che ha un sistema giudiziario al collasso è uno Stato in cui le organizzazioni criminali sono potentissime e possono arrivare ovunque. È un tema che ho affrontato molte volte, ma vale la pena farlo di nuovo. Se per ottenere il pagamento di un credito ricorrere alla giustizia implica una attesa lunga ed estenuante, c'è chi preferirà rivolgersi a un "tribunale" più efficace e veloce, che emette una sentenza immediata: la malavita. In quel modo sarà un individuo sottratto allo Stato di diritto e resterà per sempre nella disponibilità delle organizzazioni criminali, perché anche un favore chiesto e ottenuto, anche un favore chiesto e ben pagato ti lega per sempre a loro.

È solo un esempio, ma spiega perché dove non esiste uno Stato di diritto non ci sono forze politiche immuni al fenomeno criminale, non ci sono individui immuni. E non può essere immune un Movimento che si presenta come un monolite: uguale ovunque, che non contempla differenze territoriali (il caso del "dissidente" Pizzarotti a Parma è emblematico). E dove la struttura è monolitica, dove manca di elasticità, dove la linea viene imposta dall'alto senza reali possibilità di comprendere il territorio, le mafie non trovano spiragli ma porte spalancate. Ma è un esercizio inutile contare gli indagati in questo partito o in quell'altro perché gli indagati non "sono" il partito di appartenenza e sostenere questo è una semplificazione utile solo a fomentare odio, anche nei confronti di chi mette passione ogni giorno nella militanza politica. E questa passione è ancora più grande e comporta grandi sacrifici quando si sceglie di fare politica in contesti dove la presenza delle organizzazioni criminali è capillare. E allora è il caso di abbandonare approcci totalitari, per tornare alla umiltà originaria della politica, che nasce dal territorio e dalle sue istanze, per arrivare al centro, non il contrario.

La politica sarà salvata solo dalla partecipazione dei cittadini. La crisi del Movimento 5 Stelle è una crisi di crescita, poiché all'aumento della popolarità nel Paese è corrisposta una deriva autoritaria, un controllo reciproco tra parlamentari e semplici appartenenti ai meet-up che ricorda esperienze finite con il crollo del Muro. Il caso Quarto è la storia di una scelta sbagliata. Il Movimento 5 Stelle, il più pulito dei partiti (concedetemi di definirlo partito), a Quarto è precipitato in una confusione dalla quale non riesce a riemergere. E dalla quale non verrà fuori con l'aggressività scomposta di questi giorni, in cui reagisce attaccando il Pd con lo slogan: hanno più indagati di noi. Definire un intero partito politico un'accolita di delinquenti - come il Movimento sta facendo in questi giorni con il Partito Democratico - giustificherà quello stesso partito a non fare alcuna pulizia al proprio interno e a non mettere in discussione i propri errori e le gravi opacità, che sono tante e irrisolte a cominciare dal rapporto con le banche.

I 5Stelle si illudono se pensano di aver chiuso il caso con l'espulsione del sindaco Capuozzo. I sondaggi dicono che stanno già pagando un prezzo. Ma il punto non è questo: il punto è che nella realtà italiana non c'è fortezza politica che sia inespugnabile per il contro-Stato mafioso. Soprattutto, quando un movimento

cresce impetuosamente in pochi anni, deve preoccuparsi di selezionare e formare una generazione politica che sia all'altezza della sfida nel territorio e dei suoi pericoli. Può essere consolatorio dire "Noi non sapevamo". Ma è proprio quello il problema: non sapere.

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