La regola serve a cercare di non allargare le fratture nell'Eurozona. Quando un'industria tedesca vende un bene a una spagnola, in un certo senso sottrae ricchezza all'economia iberica, che paga per qualcosa prodotto altrove: sul territorio e nei c/c della controparte tedesca ricadranno tutti i vantaggi della transazione. Se la Germania deve tirare l'Europa, è il ragionamento, sarà meglio che inizi a consumare i prodotti dei vicini, in modo da distribuire loro parte della sua ricchezza. Eppure, da otto anni Berlino ha un surplus eccessivo e come visto anche quest'anno ha stabilito un nuovo record.
Le partite correnti, nella media dei tre anni conclusi nel 2014, secondo l'Europa. La Germania ha un surplus sopra il 6% del Pil, oltre il limite concesso
Nel 2015 tutte le aree del mondo hanno acquistato di più dalla Germania: le esportazioni verso i paesi Ue sono cresciute del 7% su base annua, raggiungendo circa 700 miliardi (+5,9% quelle verso i membri dell'Eurozona), mentre quelle verso il resto del mondo hanno registrato un incremento del 5,6%. Automobili, macchine utensili e prodotti chimici sono i settori che hanno maggiormente contribuito al successo del "made in Germany".
Sul futuro si addensa però qualche nube: a dicembre, secondo i dati dell'Ufficio federale di statistica, le esportazioni e le esportazioni sono comunque entrambe diminuite dell'1,6%. Forte esportatrice verso i mercati asiatici, la Germania comincia a risentire gli effetti del rallentamento cinese, anche se la maggior parte delle aziende resta relativamente ottimista sulle prospettive di medio termine del mercato. Deludenti, in questo senso, anche gli ultimi dati sulla produzione industriale: a dicembre segna un pesante calo, -1,2% mensile contro il -0,1% precedente e rispetto al +0,5% stimato dagli analisti. Male anche la lettura annualizzata: -2,2% contro il +0,1% precedente e rispetto al -0,6% atteso dal consensus di mercato.