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3 gennaio 2017 2 03 /01 /gennaio /2017 15:34

Se le case diventano campi di battaglia, se i palazzi cadono sventrati dalle bombe, se le strade sono cumuli di macerie, le scorte finiscono e il cibo non si trova. Se la vita, come ad Aleppo o in altri posti del mondo, non vale più niente, esiste una sola possibilità: fuggire. È ciò che sta avvenendo. E chi fugge ha una meta, una strada davanti e basta. I fronti aperti sono tanti e lì ad assistere i minori c'è in prima linea l'Unicef: dalla Siria alla Libia, dall'Afghanistan alla Nigeria, dall'Iraq alla Somalia e in molti altri teatri di guerra.

Lucio Melandri è intervenuto in Siria, in passato, per l'Unicef: ora per l'organizzazione è Coordinatore per l'emergenza dei bambini rifugiati e migranti in Europa e vede gli approdi drammatici di quella stessa emergenza nei barconi che attraversano il Mediterraneo: «Fuggono le famiglie, ma anche bambini da soli perché orfani. Fuggono da Aleppo, da Raqqa, da Mosul, dall'Eritrea... ». L'emergenza ha una geografia complessa. Sono passati settant'anni da quando l'Unicef intervenne per la prima volta a favore dei bambini nati fra le rovine della Seconda guerra mondiale. Oggi l'Europa è invece meta di un esodo di minori che vengono da lontano, destini in fuga dalla fame, dalla miseria, dalle paure. L'Unicef calcola che soltanto in Siria ci sia un milione di giovanissimi privi di coperte, vestiti, scarpe e guanti per proteggersi dal freddo che, combinato con la malnutrizione, può ucciderli. E dal 2011 a oggi sono stati 4mila gli attacchi contro le scuole. L'organizzazione fondata nel 1946 ha raggiunto, nello stesso Paese, quasi tre milioni di bambini con gli aiuti scolastici. C'è un Sos che arriva da piccole città, paesi semi-sconosciuti e lontani. Ce n'è un altro che arriva da luoghi a noi ben più vicini, dalle isole della Grecia o dalle coste della Sicilia.

«Dei 170mila rifugiati arrivati in Italia, il 16 per cento sono bambini. Nove su dieci viaggiano soli, perché i genitori non sono in grado di accompagnarli, ma li spingono comunque a partire per provare a metterli in salvo», racconta un operatore. È un tentativo disperato perché significa consegnarli quasi sempre nelle mani dei trafficanti, bande di criminali che, per esempio in Libia, li tengono prigionieri senza guardare all'età o alla provenienza. Esseri umani trattati come merce. «In certi Paesi questo traffico è più vantaggioso dello spaccio di droga», riprende Melandri. Sono numerosi i casi di abusi e violenze sui minori in fuga: le ragazze diventano schiave nel giro della prostituzione, altri vengono messi a lavorare gratis nei campi. «Ciò che vediamo oggi ad Aleppo o in altre zone di conflitto è una violazione sistematica dei diritti umani», continua Melandri, «e davanti a questo non ci può essere nessun calcolo di questo o quel partito. Il tema dell'Italia che accoglie i migranti non deve entrare nel dibattito perché abbiamo preso impegni internazionali e tuteliamo i diritti umani, non è una questione politica, ma umanitaria. Il governo italiano ha chiesto aiuto all'Europa per ricollocare i migranti e finora avviene soltanto nel 7 per cento dei casi».

Ma c'è un altro fenomeno a cui assistiamo nei Paesi di approdo dei migranti: i minori che scompaiono. In Italia quelli arrivati da soli, registrati presso i centri di accoglienza e poi dichiarati missing, sono circa 6mila». Dove sono finiti? Che strade hanno percorso? «Alcuni sono stati rintracciati per esempio a Calais. Nei centri di accoglienza, spesso vengono semplicemente parcheggiati, lasciati senza informazioni. Sono rifocillati e accuditi anche bene, vengono dati loro un tetto e un letto, ma è tutto lì. Così dopo un po' questi ragazzini scappano, cercano magari di raggiungere parenti in questo o quel Paese europeo», spiega il coordinatore dell'Unicef. Perché per loro nemmeno l'Europa è un rifugio sicuro, ma una tappa di una via crucis che sembra non avere fine.

Tanto che quest'anno l'Unicef torna a operare in Italia per tutelare i diritti dell'infanzia. È stato infatti firmato un accordo con il governo per monitorare gli standard di accoglienza dei minorenni migranti e rifugiati, soprattutto quelli non accompagnati, e per la verifica delle condizioni di vita nei centri di accoglienza in Sicilia, Calabria e Campania. A Roma è attiva l'Unità operativa per gli interventi in Italia: nel quadro del programma One Unicef Response, l'Unità ha avviato con l'organizzazione un Piano di risposta a sostegno delle istituzioni del nostro Paese, per migliorare protezione, cure e assistenza dei minorenni rifugiati e dei migranti.

Dall'inizio dell'anno sono arrivati sulle nostre coste più di 22mila bimbi e ragazzi non accompagnati. Di questi, oltre 6mila sono irreperibili

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