Democrazia repubblicana: rapporto istituzioni, partiti politici, partecipazione dei cittadini. Efficacia delle istituzioni nel risolvere i problemi economico sociali.
Se la democrazia parlamentare segue il destino dei partiti e aggiornamento sulla situazione politica( vedi articolo sulla crisi politica di 4 giorni fa)
di Nadia Urbinati 23 Aprile 2013
La
nostra repubblica è davanti a un bivio di grande e grave portata, quello indicato dalla crisi della democrazia parlamentare. Una crisi che segue e riflette fatalmente quella dei partiti e che si
manifesta come inabilità di questi ultimi a portare a unità le opinioni diverse, al loro interno e con quelle degli altri partiti. La repubblica di Weimar cadde nel 1933 su questo scoglio
insormontabile e l’esito fu tragico. Nell’Italia del 2013 si assiste ad una nuova versione della storia di ingovernabilità del Parlamento e di disfunzionalità dei suoi metodi democratici: gli
accordi, i compromessi tra i partiti e la decisione a maggioranza. La crisi, già in agguato quando i partiti non sono riusciti a formare un governo dopo le elezioni di febbraio, è esplosa con
l’elezione del presidente della Repubblica. Vi è un senso in questo: poiché con l’elezione del presidente i partiti sono stati obbligati a gestire direttamente il gioco politico. Non hanno potuto
ritardare, non hanno potuto contare su un’autorità esterna a loro, come nel caso della formazione del governo che per costituzione è pilotata dal presidente. I partiti non sono riusciti a fare
accordi, compromessi e a prendere decisioni a maggioranza.
Non vi sono riusciti per varie ragioni. In parte specifiche alla storia recente del nostro Paese, che esce da un ventennio di dominio berlusconiano che ha alimentato pratiche oligarchiche e di
corruttela. Questo ha esaltato movimenti antipartitici. In parte perché i nuovi mezzi di comunicazione hanno attivato un rapporto diretto tra le opinioni correnti dei cittadini e i leader e le
istituzioni, così da far credere che sia possibile fare a meno dei partiti, che si possa avere una democrazia parlamentare diretta, cioè senza la mediazione dei partiti. Per tutte queste ragioni
i partiti sono deboli e si sono ulteriormente indeboliti. Erosione di legittimità ma anche di strutture e di leadership, di credibilità e di autorevolezza. Un’erosione che è stata confermata
dall’inabilità a formare un governo e che è stata ingigantita da quell’accordo sbagliato che il Pd ha perseguito con il Pdl per riuscire a votare un presidente condiviso. Accordo fuori luogo che
ha dimostrato come chi lo ha pensato e portato avanti non abbia davvero compreso l’Italia nella quale vive, quella che è uscita dalle recenti urne. Non ha compreso la crisi della democrazia
parlamentare e si è quindi comportato come sempre in passato, quando le segreterie dei partiti decidevano e i parlamentari seguivano la disciplina di partito. Non averlo capito è stato un errore
gravissimo.
E oggi si torna a sperare in Napolitano. Un fatto, questo, che conferma l’incapacità del Parlamento di uscire dalcul-de-sac nelquale si trova, e di gestire la democrazia senza
bisogno di un momento verticale d’autorità. È in atto, diceva Massimo Giannini, una metamorfosi presidenzialista di fatto. Forse abbiamo bisogno di un ripensamento istituzionale poiché la
frammentazione dei partiti è inarrestabile con la democrazia del web; e sarà un fatto permanente. Oggi tutta la partita politica si gioca in diretta: tra parlamento e web. Con un esito
prevedibile di indisciplina, inseguimento di umori, incapacità a tener fede agli impegni dati, di fare trattattive. Solo quei partiti che dipendono da un leader forte possono essere più
disciplinati e uniti al proprio interno ma lontani dalle esigenze e dai bisogni dei cittadini— paradossalmente il Pdl e il M5S sono più disciplinati e uniti del Pd, tra tutti i partiti il
più autonomo da padri e padroni e il più esposto all’instabilità in questa fase poichè non è riuscito a vedere cosa succedava nell'economia e nella società e a
fare propose adeguate per superare la crisi.
Il Pd è lo specchio della crisi della democrazia parlamentare. Difficile pensare a come riuscire a superare questa fase di mancanza di autorità e progetto politico
che guardi al bene comune. altrimenti ci sarà una deriva autoritaria (le parti in blu sono opera del redattore) Ecco perché è ora importante più che mai che si comprenda il senso di
questo momento critico e si agisca di conseguenza: occorre fare subito la riforma elettorale. Questa legge elettorale è lo scandalo sul quale questo parlamento ha inciampato e ogni parlamento
futuro inciamperà, proprio perché esalta la frammentazione. Ma anche nel caso si giunga alla riforma elettorale non può non saltare agli occhi il fatto che se ad essa si giungerà sarà perché
prima si è messo in piedi un implicito sistema presidenzialista. È auspicabile che chi ha la responsabilità delle nostre istituzioni sia consapevole della gravità ed eccezionalità di questo
momento; che sia in grado di farsi una rappresentazione corretta di questo frangente delicatissimo.
Aggiornamento sulla crisi politica
Visto che come organizzazione politica il PD ha fallito,(il gruppo dirigente ha perso autorevolezza e credibilità: qualsiasi cosa dica non può avere fiducia- come ci si può fidare di un gruppo dirigente che pubblicamente afferma che bisogna essere per il cambiamento e poi prende risoluzioni opposte?-) non rimane, in questo periodo (durata di questo governo comunque a tempo) che pagare dazio. Okei; questo è il governo del presidente della repubblica e per fortuna che c’era lui a dare ancora tempo, al PD soprattutto, perchè questa area guidata da un nuovo gruppo dirigente che uscirà dal congresso, presenti un programma serio e chiaro per la rinascita dell’Italia in maniera da convincere gli elettori a votarlo quando ci saranno le nuove votazioni (il partito è uno strumento e si può anche cambiare se ci sono le persone adeguate). Nel frattempo non rimane che votare quello che uscirà da questo governo, ma il PD senza appiattirsi (o un nuovo gruppo dirigente), può sempre essere chiaro e sostenere che quando lui sarà al governo nei vari punti presenterà le sue proposte diverse da quelle del governo guidato da Letta (visto che ci sarà anche il PDL a decidere). Vorrei far presente che la “scissione” è già avvenuta visto che la dirigenza del partito ha perso 3.000.000 di elettori alle politiche ed é riuscito a tradire il rinnovamento richiesto dai suoi militanti ed elettori, e solo il 50% degli elettorie anche della propria area ha votato in Friuli. Adesso ci si nasconde dietro i termini solenni: responsabilità (verso chi?) unità (su quale base e contenuti? visto i recenti risultati) nazione (quale tipo di società? il lavoro ? i giovani? quale prospettiva? ecc,). Con la retorica pomposa non si convince nessuno e non si fanno passi in avanti, ma solo con proposte credibili di sviluppo civile e umano più chiare possibili e che diano una prospettiva e una speranza (non sarà un pranzo di gala).