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16 maggio 2013 4 16 /05 /maggio /2013 17:39

Una prima selezioni di articoli dopo il caso che ha aperto un serio dibattito su una malattia che colpisce molte donne.

 

LA LEZIONE DI MIA MADRE

LOS ANGELES

 MIA madre ha combattuto contro il cancro per quasi un decennio, ed è morta all' età di 56 anni. Ha resistito abbastanza a lungo da poter conoscere il primo dei suoi nipoti e stringerlo tra le braccia. LOS ANGELES IMIEI altri figli però non avranno l' opportunità di conoscerla e sapere quanto fosse affettuosa e gentile. Parliamo spesso della "mamma di mamma", e mi sono ritrovata a tentare di spiegar loro il male che ce l' ha portata via. Mi hanno chiesto se potrebbe accadere la stessa cosa a me. Ho sempre risposto loro di non preoccuparsi, ma in realtà sono portatrice di un gene "difettoso", il BRCA1, che aumenta considerevolmente le probabilità che io possa sviluppare un tumore al seno e alle ovaie. I miei medici ritenevano che avessi l' 87 percento di probabilità di sviluppare un tumore al seno e il 50 percento alle ovaie, sebbene i rischi varino da donna a donna. Solo una frazione dei casi di tumore al seno è causata a una mutazione genetica di tipo ereditario. In coloro che presentano un' anomalia nel BRCA1, il rischio di sviluppare un tumore al seno è pari in media al 65 percento. Venuta a conoscenza della mia situazione ho deciso di attivarmi e minimizzare quanto possibile i rischi. Ho quindi deciso di sottopormi a una mastectomia totale preventiva. Ho iniziato con il seno perché nel mio caso la probabilità di sviluppare un tumore al seno era superiore rispetto al rischio di tumore alle ovaie, e perché l' intervento è più complicato. Il 27 aprile ho completato i tre mesi di decorso post-operatorio. Durante quel periodo sono riuscita a non far trapelare nulla e a mandare avanti il mio lavoro. Se ne scrivo adesso è perché spero che altre donne possano trarre beneficio dalla mia esperienza. La parola cancro continuaa incutere terrore nei cuori delle persone, producendo un profondo senso di impotenza. Oggi però un' analisi del sangue permette di scoprire se si è ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno e alle ovaie, e agire di conseguenza. La mia vicenda è iniziata il 2 febbraio con un intervento chiamato "nipple delay", che serve a scongiurare la possibilità che il male abbia colpito i dotti situati dietro il capezzolo e che permette di far confluire una maggiore quantità di sangue in quella area del corpo. È una procedura dolorosa, che causa molte ecchimosi, ma aumenta le possibilità di preservare il capezzolo. Due settimane dopo mi sono sottoposta alla mastectomia vera e propria, durante la quale il tessuto mammario è stato asportato e sostituito da alcuni filler temporanei. L' operazione può richiedere anche otto ore. Ci si sveglia con dei tubi di drenaggio e degli espansori inseriti nel seno. Sembra davvero la scena di un film di fantascienza. Ma a pochi giorni dall' intervento si può riprendere una vita normale. Nove settimane più tardi la procedura viene completata con la ricostruzione della mammella tramite l' inserimento di un impianto. Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi in questo campo, e i risultati possono essere ottimi. Ho voluto raccontare questo per far sapere alle altre donne che la decisione di sottoporsi a una mastectomia non è stata facile. Ma che sono molto felice di averla presa. Le mie probabilità di sviluppare un tumore al seno sono diminuite, passando dall' 87 percento a meno del 5 percento. Posso dire ai miei figli che non devono avere paura di perdermi per un tumore al seno. È rassicurante sapere che non hanno dovuto assistere a nulla che avrebbe potuto metterli a disagio. Vedono che ho delle piccole cicatrici, nulla di più. Per il resto sono sempre la Mamma, la stessa di sempre. E sanno che li amo e che farei qualsiasi cosa pur di restare accanto a loro il più a lungo possibile. Sul piano personale, non mi sento affatto meno donna di prima. Aver compiuto una scelta drastica, che non ha intaccato in alcun modo la mia femminilità, mi fa sentire forte. Ho la fortuna di avere un compagno, Brad Pitt, che mi dà molto amore e appoggia le mie scelte. Voglio che chiunque abbia una moglie o una compagna che sta attraversando una situazione simile sappia di avere un ruolo molto importante da svolgere. Bradè rimasto al Pink Lotus Breast Center, dove sono stata operata, per l' intera durata degli interventi. Siamo riusciti a trovare dei momenti per ridere insieme. Sapevamo che ciò che stavamo facendo era la cosa giusta per la nostra famiglia, e che ci avrebbe uniti ancora di più. E così è stato. Spero che ogni donna che leggerà queste righe trovi conforto nel sapere di avere delle alternative. Voglio incoraggiare tutte le donne, soprattutto quelle che hanno dei casi di tumore al seno in famiglia, a informarsi e cercare degli esperti capaci di aiutarle,ea compiere delle scelte consapevoli. So che esistono dei fantastici medici olistici che si dedicano alle alternative alla chirurgia. Il sito del Pink Lotus Breast Center pubblicheràa tempo debito il percorso che ho seguito, e spero che ciò possa essere d' aiuto ad altre donne. Stando all' Organizzazione mondiale per la Sanità, ogni anno il tumore al seno uccide, da solo, circa 458.000 persone. Soprattutto nei Paesi dove il reddito è basso o medio-basso. Quella di assicurarsi che un maggior numero di donne, a prescindere dai loro mezzi e dall' ambiente in cui vivono, possa avere accesso ai test genetici e al trattamento preventivo che può salvare la vita deve diventare una priorità. Negli Stati Uniti l' esame per il BRCA1 e il BRCA2 costa più di tremila dollari, e ciò rappresenta un ostacolo per molte donne. Ho scelto di non tacere perché molte donne vivono all' ombra del cancro, senza saperlo. Spero che anche loro possano sottoporsi al test, e che nel caso risultino ad alto rischio sappiano di disporre di alternative valide. La vita ci presenta molte sfide. Non dovremmo temere quelle che possiamo affrontare e sulle quali abbiamo la possibilità di intervenire. (©2013 The New York Times Distributed by The New York Times Syndicate Traduzione di Marzia Porta)

 LE COLPE DELLA SCIENZA

LA SCIENZA è brava nel trovare in un gene mutato una causa del tumore del seno, ma non è altrettanto brava a proporre soluzioni. Abbiamo gli strumenti per sapere se una donna ha un rischio superiore alla media di ammalarsi. Ma non abbiamo gli strumenti per evitare che si ammali. È il caso in cui il sapere ci aiuta a proteggerci da una malattia che spaventa, ma ci lascia il peso del dilemma sul come. La scelta di Angelina Jolie è una possibilità, ma non è né l' unica, né per certo la migliore. Una donna che si trova nella situazione della star ha davanti a sé sostanzialmente due opzioni. La prima è di togliere entrambe i seni, come ha fatto la Jolie, una strada percorsa oggi da molte donne e resa meno difficile dai progressi straordinari della chirurgia ricostruttiva degli ultimi anni. Questa scelta ha però i suoi svantaggi, oltre a quello di dover affrontare un intervento invasivoe mutilante: le protesi moderne sono molto avanzate, ma rimangono pur sempre un corpo estraneo al nostro organismo, con tutti i rischi di fibrosi e di reazioni varie che questo comporta, e in ogni caso vanno sostituite ogni 10/12 anni, sottoponendosi ad altri interventi chirurgici. Ma, soprattutto, anche con un' operazione radicale, il rischio di tumore non si annulla e rimane intorno al 5%, perché la ghiandola mammaria può avere piccole aree periferiche che si possono ammalare e se questo avviene, è più difficile da diagnosticare precocemente e da trattare. L' alternativa che propone la medicina è sottoporsi ad un programma di "sorveglianza speciale" che prevede di sottoporsi ogni sei mesi a ecografia e risonanza magnetica. Con questi esami è dimostrato che si possono scoprire tumori di dimensioni minime, addirittura impalpabili, che possono essere asportati con un intervento mini-invasivo che rispetta l' integrità del corpo femminile e può ottenere una percentuale di guaribilità fino al 98%. In questo caso lo svantaggio è essenzialmente psicologico: molte donne non se la sentono di affrontare per tutta la vita questa sorta di appuntamento con il proprio destino, che diventa una fonte di ansia permanente, e preferiscono fare qualcosa, qualsiasi cosa, che tolga loro questo tarlo dalla mente. Dobbiamo ricordare sempre che tutti i tumori, e quello del seno in particolare, hanno una dimensione soggettiva che segna il perimetro della loro gravità. La stessa malattia può apparire più o meno grave a seconda della mente che la vive. Nel seno c' è il simbolo della maternità e della sensualità, le due anime femminili, verso cui ogni donna ha un suo rapporto intimo e segreto e un suo vissuto irripetibile. Per questa complessità e profondità, non esiste una soluzione al 100% giusta per tutte le donne che scoprono di avere il gene BRCA mutato e dunque una predisposizione per il tumore del seno. Esiste però una soluzione che molti come me raccomandano a chi riesce a vivere senza eccessiva ansia la situazione di rischio. Io credo nel valore della prevenzione e della diagnosi precoce e per tutta la vita ho lottato contro la brutalità della chirurgia oncologica, che un tempo mutilava senza ritegno il corpo femminile, senza peraltro ottenere una maggiore efficacia. Mi sono ribellato al principio del massimo tollerabile (bisogna effettuare i trattamenti alle massime intensità che la persona può sopportare) a favore del principio del minimo efficace (bisogna trovare la misura della cura che assicuri la massima efficacia raggiungibile con il minimo di effetti collaterali) in nome della qualità della vita. Ed eccoci ancora alla dimensione psicologica della malattia, su cui tutto ruota. Al di là di alcuni parametri clinici oggettivi, solo la persona malata può valutare la qualità della sua vita. L' importante è che possa scegliere e la medicina oggi, con la possibilità dei test genetici, offre alle donne questa opportunità. Angelina Jolie ha preferito farsi asportare entrambe i seni piuttosto che convivere con un alto rischio perché questa è la sua idea personale di qualità. di vita ,Io la capisco, ma invito le altre donne ad informarsi sulla propria situazione di rischio individuale presso i centri specializzati, e poi, soprattutto, a scegliere per sé. Senza condizionamenti. ©

Il fatto è che non siamo sicuri che il suo sacrificio sia giusto e la rinuncia ad una nota distintiva della femminilità porti davvero ad una prevenzione. Già nel 2011 su Doctornews, Umberto Veronesi, a proposito di una nuova tecnica chirurgia video-assistita, che permette di eseguire una mastectomia bilaterale per via ascellare, tecnica nuova e messa a punto da un'equipe di chirurgi del Policlinico San Matteo di Pavia, ebbe modo di dirsi contrario, perché, disse, con la mutazione di Brca1 e 2 non si eredita la malattia, ma la predisposizione ad ammalarsi, e per circa la metà delle donne con mutazione genetica ci sono probabilità che il tumore non si sviluppi mai, anche in caso di test positivo.

E soprattutto, sottolineò lo studioso, va ricordato che oggi se il tumore viene individuato in fase molto iniziale la percentuale di guarigione è intorno al 98% dei casi, infatti l'ecografia e la mammografia annuali e la risonanza magnetica nei casi di incertezza sono capaci di trovare tumori così piccoli che possono anche essere trattati con terapie rispettose dell'integrità e della qualità della vita della donna.

Veronesi ha anche accennato alle strade che si stanno percorrendo: il controllo e la farmacoprevenzione, cioè la somministrazione di farmaci che hanno dimostrato di poter bloccare il processo cellulare prima che nasca il tumore.

Viene allora da concludere, nonostante la drastica decisione della Jolie e di molte altre donne, che in base a queste premesse la mastectomia preventiva, cioè l'intervento chirurgico per l'eliminazione delle mammelle, se anche riduce quasi a zero il rischio di ammalarsi, è una profilassi troppo aggressiva e rappresenta concettualmente un passo indietro rispetto alla filosofia della chirurgia oncologica moderna, che tende invece a conservare il più possibile.

UMBERTO VERONESI

 

Caso Angelina Jolie, “no certezze da test genetici su prevedibilità tumore seno”

"Prudenza, prudenza, prudenza". E l'invito che gli esperti fanno dopo il caso di mastectomia preventiva dell'attrice americana, a favore di controlli preventivi serrati, "che danno una possibilità di guarigione al 98%", nelle parole di Umberto Veronesi, in verità contestate da chi il cancro l'ha combattuto in prima persona sulla propria pelle- La moderna tecnologia e chirurgia ha fatto molti progressi, ma la protesi dura 10-12 anni . L’operazione va in seguito ripetuta. Questo non è secondario per chi sceglie questa stada.

di Elisabetta Ambrosi | 16 maggio 2013

Prudenza, prudenza, prudenza. E un invito fermo a non dimenticare l’efficacia di controlli preventivi serrati, “che danno una possibilità di guarigione al 98%”, nelle parole Umberto Veronesi in verità contestate da chi il cancro l’ha combattuto in prima persona sulla propria pelle (articolo di Stefania Prandi). Dopo l’articolo sul New York Times di Angelina Jolie sulla sua mastectomia preventiva, gli esperti italiani si schierano su una linea di cautela. “Oggi c’è la tendenza a proporre alle pazienti la mastectomia preventiva con troppa leggerezza, ma si tratta di una scelta delicatissima da ponderare con grande attenzione”, spiega Riccardo Masetti, direttore del centro di senologia del Policlinico Gemelli di Roma.

Gli fa eco Adriana Bonifacino, responsabilità dell’unità di senologia del Policlinico universitario Sant’Andrea di Roma. “Scelte come la mastectomia non vanno prese con la bacchetta magica, ma con l’aiuto di un team formato da oncologo, genetista e psicologo“. “Anche se il caso di Angelina Jolie ha il merito di aver sollevato un problema molto sentito in Italia”, continua, “su 46.000 tumori al seno all’anno nel nostro paese solo il 10-15% per cento, circa 5.000, ha un rischio molto alto di sviluppare la malattia. Ma anche chi è positivo al gene Brca1 può decidere di seguire uno stretto programma di controlli”.

Mentre negli Stati Uniti i casi di rimozione preventiva del seno aumentano – dall’1,8% del 1998 al 4,5% del 2003 per entrambi i seni e dal 4,2 al 11% per un solo seno, secondo il “Journal of Clinical Oncology” – in Italia la maggioranza della comunità scientifica mette l’accento sui rischi di un intervento preventivo e, insieme, sulla complessità di una malattia come il tumore, dove i fattori scatenanti possono essere molteplici. “Non do giudizi nel merito delle singole scelte, ma va ricordato che anche dopo l’asportazione di seni e magari di ovaie il tumore può comunque manifestarsi altrove, ad esempio nella sfera genitale”, spiega l’oncologo romano Corrado Nunziata. “Inoltre, i test genetici non danno ancora certezze, anche perché non esiste un solo gene che interferisce su un sistema. Autopalpazione, mammografia e risonanza magnetica sono invece strumenti efficaci. Ma soprattutto, prima di un intervento di questo tipo bisognerebbe porsi alcune domande. Ad esempio: che conseguenze può avere l’asportazione di seno e ovaie in una donna di trent’anni? Forse occorrerebbe anche un lavoro individuale per capire da dove nasce la paura“.

E proprio sui gravi contraccolpi psicologici dopo interventi di questo tipo mette l’accento chi lavora da anni sulle emozioni legate alla malattia, e in particolare proprio sul cancro al seno. “È un tema complesso, ed è ovvio che l’ultima parola resta sempre al malato, ma è possibile ragionevolmente affermare che la decisione di togliere il seno in via preventiva risponde al tentativo di placare l’ansia e alla speranza di poter controllare tutto”, spiega la psicoanalista Marta Tibaldi, autrice del libro “Oltre il cancro” (Moretti&Vitali). “Purtroppo, la chirurgia non risponde a nessuno dei due obiettivi perché mentre l’ansia che arrivi un tumore in altre zone resta viva, il pensiero di avere tutto sotto controllo si rivela illusorio. Sarebbe molto utile da questo punto di vista poter riflettere insieme a una persona che ha uno sguardo più neutro, per prendere distanza dalla paura”.

Da ex paziente oncologica, Tibaldi rivolge anche una critica verso i medici: “Quando avevo 18 anni, un medico mi propose, per una sola ciste al seno, di “togliere tutto”. Come se il seno fosse qualcosa che si può togliere senza conseguenze. Con un pizzico di provocazione, vorrei chiedere ai medici cosa proverebbero di fronte a chi li invita a eliminare i testicoli in via preventiva”. Un’ultima riflessione, infine, arriva anche sui bambini: “Da quello che risulta dalla lettera scritta sul New York Times, la Jolie motiva la sua scelta come difesa dei suoi figli”, conclude Tibaldi. “Ma io mi chiedo se un gesto simile non rischi, al contrario, di caricare i figli del peso emotivo della malattia, che richiederebbe invece un’elaborazione dell’angoscia e delle sue motivazioni profonde”.

 

 

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